Brevemente detto, la si potrebbe definire una storia o glorificazione degli Slavi dalle loro origini, anzi dalle loro migrazioni, sino alla fine del secolo XIV. Ma più che di una storia slava in generale, essa fa l’impressione di una storia degli Slavi meridionali, anzi dei Serbo-Croati e dei Bulgari in particolare, perché a questi ultimi spetta la parte centrale del libro, che abbraccia circa sette secoli e rispecchia le epoche loro più laboriose ed epiche, dalle tenebre della preistoria alla ferrea e fatale dominazione turca, mentre gli Slavi sono appena sfiorati nella parte introduttiva e, servendo di cornice o di preparazione alla parte centrale, sono seguiti solo nella fase esordiale della loro storia che si conclude con la conversione al cristianesimo e con le prime formazioni statali (1). Inoltre siccome la parte introduttiva è la meno riuscita e la più abborracciata e quella centrale, invece, è più sicura e meglio informata, ne deriva che gli Slavi in genere sono poco e male trattati dall’Orbini e invece Serbo-Croati e Bulgari in sé assommano tutte le cure dell’autore e tutti i pregi della sua opera. Del resto se si pensa che l’opera dell’Orbini è venuta alla luce quando la storiografia slava era ancora in uno stato embrionale, e ad un’opera di sintesi non solo non s’era posto mano ma non s’era nemmeno pensato, non ci farà specie se vi troveremo difetti di razionalità, di inquadramento, di sincronizzazione e di informazione con infiniti particolari di ingenuità che degenerano nel nebuloso, nel leggendario, nel grottesco e ti presentano Slavi che assaltano Inghilterra, che passano in Egitto, che si azzuffano con Alessandro il Grande e via dicendo. Più che l’argomento interessano quindi lo spirito che lo pervade, il tono che lo anima, la luce che lo colora: il senso della unità o almeno della solidarietà e parentela slava, cioè il monismo slavo che ispira una nuova ideologia storica; l’esaltazione della storia slava che coinvolge nuovi atteggiamenti politici e nuove manifestazioni letterarie; l’effetto facile e immediato raggiunto con i lenocini del barocchismo neH’orna-mentazione della forma letteraria e della veste tipografica; l’amore agli Slavi, al di là di ogni differenziazione religiosa e politica, che prende forma di slavismo o addirittura di megalomania o di panslavismo. Fatto è che il libro ebbe grande successo fra gli Slavi, e la Chiesa cattolica invece lo mise all’indice siffattamente « usquequo prodeat haereticorum (1) Per esempio su 473 pagine che ha il libro dell’Orbini, i Russi figurano alIe pagine 44, 88-91, i Polacchi a pagg. 41, 44, 52, 54, 95 ed i Boemi a pagg. — 229