vita, s’era creato la sua teogonia e nell’oggettivazione psicofisica dei fenomeni naturali aveva formato i suoi miti rivestiti di fantasiosa poesia. Se nel cammino o nel certame della civiltà europea esse sembravano attardate, presentavano ormai letterature fulgenti di uomini e di opere e di fama mondiale. E anche se gli Slavi non erano apparsi nella gloria dei grandi popoli creatori e in seno a civiltà che per loro furono feudali, borghesi e capitalistiche, tanto era il cammino da essi compiuto nell’ultimo secolo, che ormai il loro prestigio in Europa si inaureolava di fascino. Erano ormai passate le epoche, in cui — come disse il Ciampoli — la lunga e tormentosa infanzia loro con le cappe pesanti della schiavitù li aveva fatti parere lumache al paragone dei veltri occidentali. Con la formazione, poi, di nuovi Stati slavi, quali la Polonia, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia, con le relazioni che essi strinsero con l’Italia e con l’opera che d’ambo le parti fu svolta per ulteriori avvicinamenti, l’interesse degli Italiani al mondo slavo ebbe nuove ragioni e possibilità di accentuarsi. Buon punto di partenza furono le nuove istituzioni, in varie città d’Italia, di consolati e di legazioni e ambasciate slave, le quali, specialmente come quelle polacche e cecoslovacche, talvolta furono rette da uomini ammirevolmente interessati alla diffusione della cultura delle loro nazioni. Il tenore poi della stessa vita moderna facilitò contatti con commerci tra privati, tra società e stati, con fiere campionarie, con viaggi individuali o di comitive, con « servizi » di giornalisti, con convenzioni culturali, con congressi scientifici o con competizioni sportive. E non senza compassione sono passati i profughi della Russia in rivoluzione, prìncipi e sedicenti prìncipi, i quali hanno ispirato a Lucio D’Ambra il parodistico romanzo Fascino slavo, di cui si discorrerà in seguito. Nel campo della cultura si è lavorato più razionalmente. Diremo, poi, a parte, dei singoli insegnamenti e istituti di lingue e letterature slave. Qui vanno ricordate, per tanto, quelle manifestazioni d’arte e di cultura slave che si sono concretate nel teatro di prosa e lirico, in concerti, nella cinematografia, alla radio, in mostre personali di scultori e pittori, in partecipazioni alle Biennali di Roma e di Venezia, a mostre d’arte sacra e ad esposizioni a Roma e a Firenze (1). (1) E qui si ricordi, a parte, quel « magister Samuel » o Samuele Tyszkiewicz, il quale nel 1928 si ritirò a Fiesole e vi creò una « Stamperia polacca », in cui videro la luce capolavori d’arte tipografica, stampati a mano e in poche copie 604 -