Di qui poemetti cavallereschi e fiabeschi, pianti e lamenti (1), novelle in versi (2), canzonette bacchiche e canzoni a ballo (3), di celebrati buffoni — Zuan Polo de’ Liompardi (schiavonescamente detto Ivan Paulovichio), Domenico Taiacalze — o di vati oscuri e anonimi, i quali « celebrano » scherzosamente le gloriose imprese di un « Rado stizoxo », parodiano i canti funebri delle prefiche slave, scendono nell’inferno e ammansiscono i diavoli « cantando schiavonesco dolcemente », intrecciano il girotondo e inneggiano ai « dobro salsizuni », ai « vina dobra » per la festa del « Martignun » (4). Ma più che nell’argomento o nei singoli motivi, l’incentivo della comicità sta nel tono loro e nel linguaggio loro. Si imita quindi il dialetto veneziano parlato male dagli « Schiavoni » e idiotismi e maccheronismi creano uno stile caricaturale, grottesco, infarcito anche di voci slave oscure, equivoche e « ridiculose ». Le stesse voci e nomi di luogo e di persona e riferimenti a usi e costumi nazionali rivelano che alla base di tutta quella materia e di quella stilizzazione « schiavonesca » stava il croato di Dalmazia. Siamo quindi di fronte ad un nuovo esito di quella simbiosi adriatica che proprio all’epoca della Rinascita fu più operosa che mai ed è logico abbia avuto le sue risonanze non solo nella letteratura serbo-croata di Dalmazia, ma anche in quella veneziana e popolareggiante d’Italia. Son diversi, sì, gli esiti nelle due letterature, ma le cause sono le stesse (5). E di qui passiamo ad altre esperienze letterarie. Tra gli incensi della poesia encomiastica Dal concetto che gli umanisti avevano della personalità umana, per cui essi si consideravano i più autorizzati e temibili dispensatori di (1) G. Vidossi, La cantata del Rado stizzoso in Primato, II (1941), n. 15. (2) V. Rossi, Novelle dell’altro mondo, poemetto buffonesco del 1513, Bologna, 1929. (3) Ricordate già da E. Picot nella Rassegna bibliografica della letteratura italiana, II (1894), pag. 120, n. 9. (4) Canzone alla schiavonesca de San Martino in M. Meneghini, Canzoni antiche del popolo italiano, Roma, 1890. (5) E ancora nel tardo Settecento canti popolari veneziani motteggiavano la mastodontica figura di Marko Kraljevic, Peroe leggendario della poesia popolare serbo-croata. Un canto, ricostruito un po’, è pubblicato dal grande poeta V. Nazor, Kristali i s)emen\e, Zagabria, 1949, pag. 248. — 153