rappresentazione tragica in versi sciolti su Vienna liberata dall’armi ottomane di ignoto autore (1). In ambiente sedicente russo, ma per nulla tale, a Pietroburgo, in una locanda, animata da maschere (Arlecchino) e da mercanti veneziani, ci porta infine una commedia, molto mediocre, del popolare romanziere e commediografo settecentesco, l’abate Pietro Chiari; è la Bella Pellegrina (2) che, come il romanzo omonimo dello stesso autore, deriva dalla « Écossaise » del Voltaire e poggia sul vecchio gioco delle agnizioni intorno ad una figura di donna, che poi non risulta essere l’imperatrice Caterina. La morlaccomania alla ribalta Ed eccoci di nuovo alla morlaccomania. Essa prende il facile e fortunato drammaturgo Camillo Federici e gli ispira la commedia Gli antichi Slavi (3), che è la più ardita interpretazione del morlacchismo fortisiano. Morlacchesco è l’argomento ché l’azione si svolge in una valle del fiume Cetina e si imposta su un episodio di nozze alla mor-lacca, e morlacco è lo sfondo negli usi e nei costumi. Si incomincia con i nomi di persona e di luogo (Dusmanich, Sericza, ecc.) e si va avanti sino all’uso di parecchie voci slave (svati, aiduchi, rachia, pobratime, ecc.). L’ambiente esteriore agisce nella decorazione folcloristica; quello più intimo accoglie princìpi o preconcetti di quella società. Ed anche se 1 uno o l’altro talvolta riescono dilavati da pensieri, gusti e forme occidentali, letterarie, si ha un complesso di elementi costitutivi e decorativi che possono dare l’illusione di trasportarci nell’« antico » o primitivo ambiente slavo-morlacco. Se la commedia fu « collocata accanto delle sue migliori consorelle » (4), leziosa e affettata com’è, deve appunto il successo alla novità delle situazioni, costruite sull’elemento morlacchesco che ad un pubblico veneziano, abituato agli « Schia-voni », poteva interessare. (1) M. Brahmer, Z dziejów wlos\o-pols\ich stosun\ów kulturalnych, Varsavia, 1930, p. 139. (2) Bologna, 1761. (3) Recitata a Venezia con successo nel 1793, pubblicata s. 1. nel 1819, postuma, ché il Federici è morto nel 1802. (4) Così le Riflessioni che precedono l’ed. del 1819, a pag. 3. — 331