Se volessimo pazientemente rievocare tutti gli echi, che eventi o personaggi polacchi hanno lasciato nella letteratura così detta di contingenza, potremmo ricostruire un breve compendio di storia polacca delle rispettive epoche. Ma sono echi e voci che si sperdono nel fumo di infiniti e non sempre spontanei incensamenti, fra canzoni, odi e sonetti che potrebbero « oscurare il sole », ma come non hanno pregi d’arte, così anche storicamente hanno importanza trascurabile e perciò di volta in volta li relegheremo preferibilmente a pié di pagina. Preferiamo prendere lo spunto da un avvenimento epocale che ebbe grande risonanza in tutta Europa ed in particolare in Italia: la liberazione di Vienna nel 1683. Dopo Lepanto forse nessun altro evento bellico fu accompagnato da un diluvio di rime italiane, latine e vernacole quanto la sconfitta dei Turchi alle porte della capitale austriaca. Data l’azione decisiva, eroica e generosa di Giovanni III Sobieski e dati l’amore che lo legava all’Italia, alla sua civiltà e i rapporti d’amicizia che aveva con la Santa Sede, con la corte medicea di Toscana in particolare e con altri Signori italiani che lo avevano rincorato e aiutato nell’alta impresa, era naturale che al centro o comunque ai primi posti delle celebrazioni italiane per le vittorie cristiane fosse appunto l’invitto re polacco. C’era poi ancora odore di Controriforma e la Chiesa aveva tutto l’interesse di dare il massimo rilievo ad un fatto che coronava la nuova Lega cristiana contro gli Infedeli, e inaureolava di gloria un re polacco dimostratosi ossequiente verso la Santa Sede, in particolare verso il sommo pontefice Innocenzo XI, nelle « cui mani » era stato giurato il trattato della surricordata Lega. Fu così che Sobieski passò per 1’« homo missus a Deo, cui nomen erat Joannes » e comunicò al papa la notizia della vittoria con una bella lettera italiana che comincia con le celebri parole di cesarea memoria: « venimus, vidimus et Deus vicit ». Alle prime notizie della grande e sospirata vittoria fece coro in Italia tutta una serie di festeggiamenti nelle principali città e per parecchie settimane. A Firenze, a Roma, a Bologna, Venezia e altrove dopo il « Te Deum » di ringraziamento per la vittoria ed un « superbissimo funerale » per i caduti, seguirono processioni solenni, suoni di campane a gloria, spari a salve, illuminazioni di vie e piazze, fuochi artifi-C1ali, distribuzione di pane e vino ai poveri, assemblee, accademie, rappresentazioni teatrali, balli e mascherate... — 261