mento. E connessi vi erano, nella lotta secolare e mortale con l’Austria, altri problemi vitali da risolvere: quello terrestre medioeuropeo, quel- lo marittimo adriatico e quello balcanico e coloniale. Grande la posta, grandi i sacrifici. Ma per quanto si sia raggiunta, più o meno a pieno, l’auspicata unità nazionale, ad onta di tante vittime umane e di ingenti danni materiali, molte speranze e promesse andarono deluse e la pace e i trattati di Versailles e di Rapallo lasciarono l’Italia insoddisfatta e amareggiata. Fatale ne fu la reazione con pericolosi e clamorosi orientamenti politici e spirituali. Dell’immane conflitto sono stati protagonisti anche diversi popoli slavi. La Serbia lo provocò coraggiosamente e ne subì la catastrofica anabasi. La Russia lo assecondò e vi si buttò a capo fitto fino alla caotica capitolazione. La Bulgaria lo complicò creando squilibri e rancori balcanici. Ci furono poi Cèchi, Slovacchi e Polacchi, i quali corrosero sotterraneamente l’Austria e la Germania e con le loro legioni volontarie le combatterono sui fronti dell’Intesa, dalla Francia e dall’Italia alla Russia. Con gli uni e con gli altri, nella dedizione alla causa comune e nella tutela dei propri interessi, l’Italia ebbe contatti e compartecipazioni molteplici. C’è stata l’opera di salvataggio del decimato e scompaginato esercito serbo ad opera della marina italiana, che, col concorso di alcune navi francesi e inglesi, lo raccolse, nel dicembre 1915, nei porti dell’Albania e lo portò in salvo a Corfù con mirabile zelo in un mare pieno di mine e di sommergibili nemici e agitato da furiose tempeste (1). C’è stato il corpo di spedizione italiano, fra la Macedonia e l’Albania, che cooperò a cacciare gli Austriaci e i Tedeschi dai Balcani, a indurre il governo bulgaro all’armistizio e a ripristinare la Serbia nella sua piena sovranità. C’è stata l’opera di organizzazione per gli Italiani irredenti, che in Galizia disertavano dall’esercito austro-ungarico e, attraverso la Russia e la Siberia, accorrevano in Italia per combattere contro l’odiato nemico (2). Ci sono stati infine tanti altri episodi di fraternità d’armi e di approcci politici. (1) C. Manfroni, Storia della Marina italiana durante la guerra mondiale, 1914-1918, Bologna, 1923. (2) Ricordo a proposito [’Odissea russa del mio concittadino A. Matessi, Zara, 1931, estr. da La rivista dalmatica, a. XII, f. II. cfr. inoltre G. Melegari, La proposta del governo russo circa i prigionieri di guerra di nazionalità italiana, Roma, 1915. 576 —