gioni periferiche e appagano la poesia e la prosa narrativa d’invenzione, vaghe di paesaggi e di costumanze regionali, nuove. Sono scrittori indigeni o residenti in queste regioni che guardano con curiosità al vicino mondo slavo e dalla sua storia, dai suoi usi e costumi, da leggende, tradizioni, da fonti orali o da notizie scritte traggono motivi d’ispirazione a opere di vario genere. Francesco Dall’Ongaro è uno di questi, anzi il più caratteristico, il più eloquente e perciò meritevole di particolare attenzione da parte nostra. Nato in quel di Treviso nel 1808, educato a Venezia e a Padova, passò temporaneamente a Trieste e nel decennio che va dal 1837 al 1847 trascorse gli anni più belli della sua vita, preso soprattutto dalla redazione della solerte « Favilla », cui seppe dare impulso e fama. Qui egli molto operò per l’italianità di Trieste, ma tentò anche un avvicinamento con gli Slavi per averli amici nella lotta comune contro gli Asburgo, e come divenne — scriverà alla contessa Diiringsfeld il 5 novembre 1856 — «organo del moto slavo col Pozza», così in un proclama ai triestini del 1848 si scagliò contro gli Austro-Croati, che s’erano opposti ai Milanesi insorti. Gli aprì gli occhi alle bellezze poetiche del mondo slavo il Tommaseo. Questi primi contatti furono poi rafforzati da nuove amicizie e da viaggi nelle regioni vicine e, prima di lasciare Trieste, il Dall’Onga-ro aveva una discreta esperienza di cose slave (1). Se ne avvantaggiarono le Muse. La breccia fu fatta da un lungo articolo sulla poesia popolare serbo-croata (2), che di questa è elogio per la sua ricchezza di contenuto, per la semplicità di espressioni e per la partecipazione della natura ai suoi affetti, ai suoi modi. Seguirono ballate del tipo di Us\a, cioè della vendetta della donna tradita e abbandonata, e di La Wila del Monte Spaccato o L’origine della Bora, cioè di storie e leggende uscocche, e seguirono racconti come il Viaggetto nel-l’Istria, che nel taccuino di viaggio inserisce la storia morlacchesca di Nizka presa dal sentimento della vendetta e da quello dell’amore, o come La fidanzata del Montenegro narratagli dal grande principe e poeta montenegrino Petrovic Njegos: tutti o quasi tutti disseminati nella (1) Ricco di tali notizie il suo epistolario, cfr. A. De Gubernatis, Francesco Dall’Ongaro e il suo Epistolario scelto. Ricordi e spogli, Firenze, 1857. (2) Apparso ne La Favilla del 1840, n. 15 col titolo Sulle poesie popolari dei popoli slavi. - 457