Ma sopra tutte queste notizie sparse, inorganiche e frammentarie si eleva un’opera veramente specifica, la Historia Bohémica (1). Per essa all’autore non mancarono informazioni e fonti molteplici, dalle cronache precedenti o da raccolte di documenti a contatti con Boemi al Concilio di Basilea, alla corte di Federico III, a corrispondenze con eminenti personalità boeme, soprattutto a impressioni ritratte durante la missione in Boemia e in particolare durante gli approcci avuti con i i-aboriti e con lo stesso re nazionale Giorgio di Podébrady a Benesovo e nella roccaforte di Tàbor. Non gli mancò nemmeno l’ispirazione perché la storiografia umanistica, allargando orizzonti e criteri, indulgeva volenderi alle storie dei popoli stranieri e gli umanisti erano ben fieri di presentare e illustrare genti e paesi che avevano visitato al di là delle Alpi e che onoratamente li avevano ospitati. E ci fu pure l’occasione propizia, a Viterbo, nel 1458, quando, per la malattia di Callisto III, nell’attesa degli eventi che dovevano portarlo al pontificato, gli balenò l’idea di lanciare un’opera, di trattare un argomento scottante che avrebbe avuta larga risonanza: la questione boema, anzi ia quesdone hussitica, che aveva messo in subbuglio mezza Europa. All’argomento fu pari la sua trattazione con il capovolgimento della metodologia storiografica: il passato resta in penombra e il presente si proietta in piena luce, con il gusto della xenologia, che reagisce al vecchio retaggio classico o municipale, con l’interpretazione libera e concreta dei fatd, con il ritratto fedele e coraggioso degli uomini che li promuovono e con il riconoscimento leale delle preminenze avversarie. Ne uscì un’opera di getto, maturata a lungo e stesa tempestivamente, in cui — dall’anno 894 al 1458 — il passato si delinea rapidamente a mo’ di proemio e l’epoca contemporanea resta alla base della trattazione e si conclude con la recentissima elezione di Giorgio di Podébrady a re di Boemia. Sua nota caratteristica: il giusto apprezzala qualche soddisfazione non appagata, qualche favore non ottenuto in Polonia, sì spiega meglio l’acredine con cui egli ha dipinto i Polacchi. (1) Altro suo titolo De Bohemorum origine ac gestis historia e, nelle prime edizioni delle Opera omnia di Basilea, 1551, 1571, De ortu et historia Bohemorum. Prime edizioni: Romae 1475, Norimbergae 1486 (?), Argentorati 1490, Ve-netus 1503 ecc.; in complesso 20 edizioni. Tradotta in spagnolo nel 1509, in boemo nel 1510 e ss. (tre edizioni) e in italiano: Le historie costumi et successi ella nobilissima Provincia della Boemia, Vinegia, 1545. Per altre note bibliografiche cfr. C. Zìbrt, Bibliografie ces\é historie, Praga, 1902, II, n. 1195. - 87