Un primo esempio possiamo trovare già in pieno secolo Vili, in pieno dominio longobardico, nel grande o, piuttosto, emergente storico friulano Paolo Diacono, che se anche per vigoria d’ingegno e per profondità d’erudizione trascende il basso livello, cui era scesa la cultura del suo tempo, in certo qual modo lo incarna e lo rivive nella rievocazione di personaggi e fatti, ch’egli stesso conobbe e a cui più o meno direttamente partecipò.
    L’opera che lo rese famoso e che ci interessa da vicino è la Historia Langobardorum che va fino all’anno 774 e, data la sua importanza, è stata poi continuata da altri ed ha avuto larghissima risonanza, come
lo	comprovano il centinaio di codici che la tramandano e le numerose edizioni che negli ultimi secoli ne sono state fatte (1): opera, che attingendo a numerose fonti, scritte e orali, rappresenta la storia dei suoi tempi con una certa efficacia d’arte e con discreta esattezza.
    Trattando dei Longobardi, che si erano insediati nel bacino padano ed erano signori del Friuli e qui venivano spesso a conflitto con Franchi, Bizantini e con i popoli vicini, Paolo Diacono non poteva ignorare gli Sloveni che da quasi due secoli vi si erano stanziati e vi si facevano notare in diverse contingenze. Li ricorda perciò in un lasso di tempo che va dal 595 al 738, e in modo non sistematico, costante e intenzio*-nale, ma frammentario, scarso e quasi per incidente. Egli sa che « Carniola Sclavorum patria est », ricorda la dominazione avara, le lotte con i Longobardi, ecc., ma si sofferma a preferenza su singoli episodi, su quelle schermaglie di confine che si traducono in reciproche incursioni e depredazioni. Nella narrazione la oggettività cede il posto alla soggettività, la simpatia e l’ammirazione sono tutte per i Longobardi, progenitori e signori suoi, e talvolta la tendenza a esaltare o adulare questi lo fa cadere in grossolane smargiassate, come quando racconta di quel conte friulano Vectari che, verso il 664, con una scorta di venticinque armati riuscì a mettere in fuga e, in gran parte ad ammazzare, cinquemila Sloveni accampati presso Cividale.
    Del resto a Paolo Diacono non sfuggono l’importanza ed il carattere degli Sloveni, la cui conoscenza trapela dalle righe del suo racconto. Un popolo che, come quello sloveno, sa sbaragliare le agguerrite truppe
     (1) Pubblicata, quindi, nella Patrologia latina del Migne, nei Monumenta Germaniae historìca, in Rerum ltalicarum Scriptores del Muratori, ecc. con le rispettive Continuano Lombarda, Continuano Romana, Continuano tertia.
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