IV - SVAGHI, LUSINGHE, CONFIDENZE LETTERARIE L’« Orlando furioso » e i Bulgari nell’esaltazione di Ruggero Ogni età ha la sua opera che la documenta. Per varie ragioni storiche ed estetiche potremmo considerare tale l’Orlando Furioso di messer Lodovico Ariosto nel regno immaginoso della poesia rinascimentale. In esso, nelle forme più smaglianti dell arte che è fine a se stessa, vediamo figurare in atto l’idealità estedca e morale del suo tempo e rappresentata nel libero mondo della immaginazione la realtà terrena, umana e irrazionale. Alla fantasia inventiva del suo autore, che da Parigi e dall’Africa si è spinta fino al Cataio e dalla terra ha raggiunto la Luna e dell’« Orlando» — come da qualcuno è stato definito (1) — ha fatto un poema geografico, non sono passati inosservati nemmeno gli Slavi, che in un modo o nell’altro avevano incuriosito la società e la cultura italiana del Rinascimento arricchendo o screziando quella letteratura di viaggi, di storie, di corografie e di elogi che abbiamo già passato in rassegna. Lo aveva già fatto, in vaga forma e di sfuggita, il suo predecessore, il Boiardo, il quale nell 'Orlando innamorato fa arrivare il suo Astolfo fino alla Tana e gli fa vedere e « Rossia » e « Rossia bianca » e « Mosca la Grande » (I, IX, XL, e I, X, XIV) (2). L’Ariosto, che ne è il continuatore ideale, lo continua anche in ciò, ma anche qui a modo suo. (1) Cfr. a proposito M. Vernerio, ha geografia nell’Orlando Furioso, Torino, 1913, e 1 concetti cosmografici ecc,. dell’Ariosto, in Geografia, 1916, n. 2-3. (2) In genere nell’epopea cinquecentesca l’Oriente aveva il suo fascino particolare e non mancano viaggi e avventure in Scythia, Persia, ecc. Per non cita- — 145 io