scrizioni e redazioni (1). Ne presero atto i Bollandisti e i più illustri annalisti italiani, dal Baronio in poi. Più o meno criticamente è stata pubblicata ripetute volte da Bzovius, Canisio, Freher, Pertz, Emler, ecc. Per merito suo, infine, il ricordo di S. Adalberto continuò e si rispecchiò in vari modi (2). Si dirà che tutte queste Vite e Passioni di Santi sono elementi decorativi, integrativi, quadri e figure di quel patrimonio agiografico medievale che nel suo complesso è più cosmopolitico che italiano. E questo è vero e i successivi Acta Sanctorum ce ne darebbero ragione. D’altra parte non si può negare che siffatte pie scritture siano state anche felici esiti di quelle relazioni spirituali che sempre più si andavano annodando fra l’Italia e gli Slavi e in particolar modo fra quelli di essi che più le si avvicinavano e quindi più le stavano a cuore. Come pure non si può negare l’interesse che in Italia, qualunque ne sia stata la ragione, si è dimostrato per alcune delle loro figure più luminose. E’ curiosità di nuove genti, di nuove sensazioni che porta in sé il germe fecondatore della Rinascita e dell’Età moderna. E’ desiderio di nuove realtà e di nuove verità che va al di là di tante mistiche effusioni vaghe e paghe di trepidi martirologi e di agiografie romanzesche. L’ha inteso e l’ha espresso bene lo stesso Lorenzo di Montecassino che presentò la figura di S. Venceslao, affinché « Latio veritatis cupido non deesset ». Del resto in simili casi all’alba di nuove civiltà nazionali, la vita dei Santi nazionali significava e contemplava, almeno ai margini, la vita della loro nazione. E’ perciò che le agiografie sono anche monumenti storici. (1) A Montecassino, alla Vallicelliana e a Santa Cecilia di Roma, alla Lau-renziana di Firenze. Su tutto cfr. l’Op. cit. di H. G. Voigt. (2) Leone Marsicano, il glorioso storico di Montecassino, ricorda S. Adalberto nell’incompiuta Chrortica Monasterii Casinensis, nella quale trova menzione anche la Vita S. Constantini di Gauderico di Velletri: De adventu s. Adalberti ad hoc monasterium in Mon. Germ. hist. Script. VII. Nella stessa epoca si ricorda S. Adalberto in una Translatio ss. Abundii et Abundantii pubblicata poi in Acta Sanctorum Ordinis S. Benedicti, V, 846. Nel 1014 l’abate Adenolfo gli eresse un altare a Montecassino. A Roma l’imperatore Ottone III (983-1002) gli consacrò un tempio, l’attuale chiesa di S. Bartolomeo all’isola. Lo stesso imperatore gli eresse una cappella non lungi da Ravenna. Cfr. K. Eichler, Op. cit. 16 e Geza De Francovichova, Contributi alla scultura ottoniana in Italia. Il puteale di S. Bartolomeo all’isola in Roma in Bollettino d’arte del Ministero dell’Educazione nazionale, V (1936), novembre, pag. 207. 38 —