militari schierati » non legge « null’altro che subordinazione » e ricorda con bonarietà che « a forza di star con noi s’erano accostumati alle nostre maniere » (1). L’Aleardi, che ha provato le prigioni di Mantova e di Josefov, rievocando nel suo lungo e languido canto — I sette soldati — la battaglia di S. Martino, gode della « vendetta allegra de la schiatta latina », ma di fronte ai cadaveri dei Croati, dei Boemi, dei Polacchi, dei Magiari e dei Romeni, viene preso da un cupo contrasto di passioni. E’ l’italiano che « esulta » ma è l’uomo che « piange » ; la mano, tesa alla maledizione, si piega in atto di benedizione e all’« empia vista di quel popol di morti » il poeta si immedesima nella situazione equivoca dei figli slavi che invano versarono il loro sangue sotto « il funereo stendardo giallo ». Commosso perciò si rivolge alle donne orbate dei loro cari perché « canzon dei morti » coi « macri orfani in collo » intonino « per le serbe vallate » (2). Il Carducci, infine, il quale, recensendo il surricordato canto dell’Aleardi, cerca di attutire certe asprezze nel riguardo dei Croati (3), s’ispira all’idea mazziniana di un’alleanza italo-slava, all’idea repubblicana della coalizione dei popoli oppressi contro il comune, imperiale nemico e, dettando nel tipico decasillabo della strofa alcaica Sicilia e la rivoluzione — che rientra nel quadro eroico e combattivo delle ]uvenilia del 1850-1860 (4) — si rivolge fraternamente ai Serbi che « ne ’1 pian di Cossovo » attendono che « grande l’ombra di Lazaro s’alzi » e « Marco prence da l’antro fuor balzi », incora il « fratello Croato » che piange « il figliuol che in Italia morì » e tutti incita a sorgere, a sorgere a un patto, a un grido: « né stranier né oppressori mai più ». Sicché alla fine il famoso soldato austro-croato ne esce riabilitato da tanta comprensione e compassione. Altamente umana e conciliativa ha saputo essere dunque anche la poesia patriottica del Risorgimento. Altre le voci e le imagini che in gran parte provengono dalle re- (1) R. Bacchelli, 11 mulino del Po, 1. Dio ti salvi, Milano, 1939, pag. 566. (2) A. Aleardi, 1 sette soldati in Canti, Firenze, 1864. (3) Cfr. La nazione di Firenze del 25-1-1861 e il voi. II, Ceneri e faville delle Opere di Giosuè Carducci, Bologna, Zanichelli, 1929, pag. 12. (4) E’ il voi. VI, Juvenilia e Levia gravia delle Opere, 1922. Anche nella poesia Ancora ai poeti egli ha presente i Croati, quando afferma che un « batta-glion tra svizzeri e croati » è meno pernicioso dei « magni italianon ». 456 —