mata la sua antica e vasta giurisdizione e fu deciso che « nullus Epi-scopus nostrae provinciae audeat in quolibet gradu Slavonica lingua promovere » (1). A questo sinodo seguirono altri, accompagnati e approvati da altre epistole pontificie, le quali dimostrano come la Chiesa romana si interessava vivamente alle vicende del clero croato e latino della Dalmazia e come essa di fronte al dilagante glagolismo assumeva un atteggiamento sempre più intransigente al punto di sopprimere persino il vescovato di Nona (2). Ne deriva una serie di documenti che, per la storiografia croata, sono preziosi punti di riferimento. (1) Gli atti di questo sinodo si sono conservati in due manoscritti del secolo XVII e sono stati pubblicati dal Racki, Documenta, op. cit. 187 ss. Il Racki però li considera « acta pertractata » e della loro attendibilità aveva già dubitato nel sec. XVII il Lucio. De Regno Dalmatiae et Croatiae libri sex, Amsterdam, 1666. (2) Tutto ricordato, discusso e ampiamente documentato da A. Cronia, Lo enigma del glagolismo in Dalmazia, op. cit. 33-55. 16 —