Tolomeo erano apparsi un «popolo grande » e che con le loro estreme propaggini premevano direttamente sul territorio italiano, alla sua « porta » o « forum » orientale, non potevano passare inosservati e trascurad alle sfere dirigenti del papato che tendeva a espandersi sempre su più vasta scala, convertendo al cattolicesimo e facendo convergere nella sua orbita i vari popoli, che avevano occupato le terre delFImpero d’Oriente o che con queste ampiamente confinavano (1). Il primo atto di questo orientamento fu la conversione degli Slavi al cristianesimo. La conversione, come è ben noto, avvenne per varie vie e in varie fasi, e comunemente si crede che i primi a convertirsi siano stati i Croati, cui sarebbero seguiti Sloveni, Serbi, Boemi, Bulgari, Polacchi e, ultimi, i Russi, in un torno di tempo che approssimativamente va dal 638 o 680 al 998 e che abbraccia quindi tre pieni secoli. Roma, naturalmente, anche se primo e alto fattore, non vi intervenne sempre direttamente o addirittura non ne ebbe nozione, ma fu sostituita o preclusa da missionari franchi e, soprattutto, bizantini per il mezzogiorno e per l’oriente slavo. Ci furono però dei « casi » particolari, che meritano particolare attenzione. Organizzazione della chiesa croata Ecco il caso dei Croati, cui vanno legate particolari contingenze di luogo, di pietà patria e di prestigio gerarchico. Dato il loro insediamento e assestamento lungo le coste dell’Adriatico, dove al posto delle distrutte città romane sorgevano nuovi centri latini soggetti or di nome ed or di fatto all’impero orientale, una delle prime cure di un Dalmata asceso al trono pontificio, Giovanni IV, fu quella di mandare in Dalmazia nel 641 un suo « fidelissimus » legato, l’abate Martino, con « multae pecuniae » (secondo il Liber Pontificaìis) (2) perché raccogliesse le sperdute reliquie di Santi, riscattasse i prigionieri cristiani dagli Slavi e, (1) Lo comprovano gli atti raccolti, non bene, da G. D. Mansi nei 31 voli, di Sacrorum concihorum nova et amplissima collectio, Firenze-Venezia, 1759-1798 e, molto meglio, da Ph. Jaffé, Re gesta Pontificum Romanorum, Lipsia, 1851 e, in seconda edizione, a cura di W. Wattenbach, P. Loewenfeld, F. Kal-tenbrunner, P. Ewald, Lipsia, 1881-1886. (2) Il Liber Pontificaìis è stato edito da L. Duchesne a Parigi, 1886, 1892. — 5