Da Bona Sforza passiamo a Enrico III, che, come abbiamo visto, fu molto festeggiato in Italia. Fra le più note sue figurazioni si contano gli arazzi della Galleria degli Uffizi a Firenze (2). Ma il più antico suo ritratto che si conosca, è quello che si conserva nella sala degli Stucchi del Palazzo ducale di Venezia: probabilmente copia di uno dei ritratti che il Tintoretto aveva fatto del re polacco seguendolo, travestito, durante il soggiorno veneziano. Tipicamente veneziano, anche nella sua ridondanza decorativa, è il quadro, tuttora tanto ammirato, di Andrea Micheli detto Vicentino, conservato nella Sala delle quattro porte (Maggior Consiglio) dello stesso Palazzo ducale e raffigurante lo sbarco solenne di Enrico al Lido; una sua piccola copia si trova anche al Museo civico di Padova, proveniente dal monastero di S. Giustina. Delle tante incisioni che in quell’epoca si devono esser fatte, la più rappresentativa è quella di Domenico Zenoni, di cui c’è una rara copia nella Biblioteca universitaria di Padova (2) e che raffigura l’arco e la loggia costruita per Enrico al Lido dal Palladio e dal Sansovino col complesso maestoso delle gondole e dei brigantini che fanno rotta attorno al Bucintoro. Ovunque spicca il fatidico o fatale titolo « Henri-cus III. Galliae et Polloniae rex » o « Henrico III re de Franza et de Polonia ». Dei tremila e più stemmi dipinti sulle volte o scolpiti sulle pareti del cortile antico, della grandiosa Aula Magna, di aule, corridoi e scale dell’università di Padova, oggi, ad onta di frequenti e pericolose trasposizioni e sovrapposizioni o di fatali obliterazioni, più di ottanta stemmi appartengono a Rettori, Sindaci e Consiglieri della Nazione Polacca. Il più antico è quello dello Zamoyski, del 1564, collocato oggi degnamente nell’Aula Magna in prossimità della cattedra. Lo seguono, nelle Aule A e B e altrove, altri stemmi di Zamoyski, di Rettori e Consiglieri polacchi, che furono in carica nella seconda metà del secolo XVI. Ben Gian Jacopo Caraglio; la fattura realistica della figura tradisce la « facem pic-tam » che è stata oggetto di atroci epigrammi. Cfr. E. Kris, Di alcune opere inedite dell’Ambrosiana in Dedalo, IX (1928), n. 7. (1) Su queste e su altre cfr. G. Gerola, Le fonti italiane per la iconografia dei reali di Francia, Firenze, 1935, pag. 20. (2) Cfr. la riproduzione in P. De Nolhac e A. Solerti, Il viaggio in Italia di Enrico 111, ecc., pag. 34. 174 •-