più precisamente a quello slavo, col quale gli Italiani nel loro intenso traffico adriatico e nei domini della Repubblica di Venezia avevano i maggiori contatti, da Fiume a Cattaro, ed anche in casa propria nei principali centri commerciali da Bari, Ancona a Firenze e a Venezia: il serbo-croato. Quanti, per vero, non furono i Serbo-Croati che hanno in quei tempi bazzicato in Italia e quanti non furono gli Italiani che hanno oltrepassato l’Adriatico! Uno dei primi poed italiani a equivocare su voci slave fu Antonio Cammelli detto, dalla sua patria, il Pistoia (1436-1502). Lo fece in un sonetto, che si svolge fra sguattero e cuoca, ed in cui alcune voci slave della più fetida risma e in situazioni oscene servono a rimpolpare i più arditi o stravaganti artifizi dei poeti popolareschi in cerca di furfanterie e di trovate burlesche (1). Le voci slave sono serbo-croate, forse di Ragusa (2), e sono, in parte, spropositate, o lasciate sospese, ma non tanto da non rendersi intelleggibili. Il sonetto era diretto probabilmente a chi conosceva il serbo-croato o viveva tra Serbo-Croati, altrimenti perdeva il suo fascino e restava ermetico. Qualche voce slava fa capolino anche in quel bizzarro poeta benedettino che fu Teofilo Folengo (1496-1544) e che in tanti lati della sua vita e della sua opera mi ricorda il poeta benedettino serbo-croato di Ragusa, Mauro Vetrani (Vetrame). Fa capolino in quelle opere dello stampo di Chaos dì Triperuno o di Zanitonella, che ricorrono al gergo maccheronico per incrementare la satira, e che egli imparò e conobbe forse a Venezia, mentre vi faceva l’istitutore. Ma sono voci insignificanti, intercalari come « gospodo » che facilmente si sperdono nel vocio tumultuoso delle sue « macaronicae » e non acquistano particolare rilievo (3), né destano quell’odio per lo straniero che egli altrove e altrimenti sfoga contro Francesi, Tedeschi e Svizzeri (4). (1) 1 sonetti del Pistola. Giusto l’apografo Trivulziano a cura di R. Renier, Torino, 1888, pag. 72. Cfr. le osservazioni di I. Milcetic, Manji prilozi za povijest \njiievnosti hrvats\e : hrvats\e rifeci u talijans\oga pjesni\a XV vije\a in Grada della « Jugoslavenska Akademija », VII (1912). (2) A. Cromia, La Croazia vista dagli Italiani, Roma, 1941, pag. 41. (3) Fatto è che sono state appena notate o fraintese da U. Renda, Teofilo Folengo nella collana «Scrittori d’Italia», Bari, 1911-1914, I e da G. Vidossi, La più antica testimonianza finora nota dell’albanese mje\rè in L’Europa Orientale, XX (1940), f. I-II, in nota a pag. 41. (4) L. Messedaglia, L’Italia e gli stranieri nel pensiero di Teofilo Folengo, Venezia, 1919. - 151