operis », il Missale Romanum-Slavomcum del 1631, approvato e accompagnato da uno storico « breve » di Urbano Vili, che riconosceva ufficialmente l’uso del paleoslavo glagolitico e di questo addirittura ne faceva, a modo suo, la storia (1). A grandi intervalli di tempo uscirono altri testi liturgici, breviari, nuovi messali, finché si venne, nel 1741, ad un nuovo Messale, curato dall’arcivescovo di Zara Matteo Caraman (Karaman) e, benché accompagnato da una Bolla speciale di Benedetto XIV, accolto da un coro di polemiche e di proteste, tanto esso era infarcito di voci russe e paleorusse. Ma fu una buona occasione per discutere — per la prima volta! — sull’origine, sullo sviluppo e sulla vera struttura della lingua paleoslava e della scrittura glagolitica (2). Parallelamente alle edizioni glagolitiche sorsero altre opere sacre (1) Dico « a modo suo » perché non vi mancano punti oscuri, che io ho ribattuto nel voi cit. L’enigma del glagolismo in Dalmazia, pagg. 103-104. (2) Per le opere manoscritte cfr. A. Cronia, Op. cit. 108. Qui potremmo ricordare, perché facenti capo a questa epoca : Cl. Grubissich, In originem et historiam alphabeti sclavonici glagolitici vulgo hieronymiani disquisitio, Venezia, 1766, e M. Sovich, Riflessioni sull'ignoranza della lingua slava-letterale in Dalmazia, Venezia, 1787. Il Sovich lasciò anche, inedita, una grammatica « slavorussa », cfr. L. Milcetic, Matije Sovica predgovor Slavjans\oj gramatici in Starine, XXXV (1916). Pare che egli sia stato il primo titolare di una cattedra di paleoslavo a Roma, cfr. V. Spincic, Crtice iz hrvats\e \njizevne \ulture Istre, Zagabria, 1926, p. 23. Da ricordare pure che le surricordate polemiche indussero la S. Sede ad aprire in Dalmazia due « Seminari illirici » per l’educazione dei sacerdoti officianti in paleoslavo come pure ad istituire a Roma nel 1742 una cattedra speciale di paleoslavo nel Collegio Urbano della Propaganda. Cfr. C. F. Bianchi, Zara cristiana, Zara, 1877, voi. I, p. 73. A questo fervore per i problemi linguistici fa capo l’opera di S. Dolci, De illyricae linguae vetustate et amplitudine, dissertatio historico-chronologico-crittca, Venezia, 1754, che è una dissertazione fantasiosa, alla Orbini, sull’antichità e sull’estensione del serbo croato, che si presume la madre-lingua degli Slavi, e a cui fa eco la Epistola Hieronymi Francisci Zanettii in Dissertationem de Ltn-guae lllyricae vetustate et amplitudine confutata auctore P. F. Sebastiano Dolci, Ferrara, 1754; cfr. A. Cronia, La Croazia vista dagli italiani, pag. 57-58. Del Dolci, oltre a opere di storia patria inedite e pubblicate ai tempi suoi o successivamente (p. es. Maximus Hieronymus ecc. Ancona, 1750, Monumenta historica provinciae Rhacusinae Ordinis Minorum S. Francisci, Napoli, 1746, Necrologium Fratrum Minorum de obscrvantia provinciae S. Francisci Ragusii, edidit notisque illustravit P. Benvenutus Rode F. M. Ad Claras Aquas — Quaracchi — prope Flo-rentiam ex typographia S. Bonaventurae, 1914) bisogna ricordare i Fasti litterario-ragusini, Venezia, 1767 che con oltre 200 biografie sono i primi rudimenti della storia della letteratura ragusea. 202 —