suggestivo mondo primitivo e di quella bella e originale poesia che nessuno ancora aveva notato (1). E tale e tanta fu la rivelazione, che l’opera ebbe una fortuna eccezionale, pari, forse, alla sola « Allema-gne » di Madame de Staél. Piacque agli Italiani perché desiderosi di poesia originale, primitiva, di argomenti nuovi, di ispirazioni romantiche, e perché realizzata da chi aveva intuito bene il gusto estetico dell’epoca e ne aveva saputo dare un’efficace interpretazione sia con l’aiuto della storia romanzata che della poesia storicamente intesa. Piacque pure oltre le Alpi. Fu così che a pochi anni di distanza dalla edizione veneziana del Viaggio in Dalmazia sorsero non una ma varie, parziali o integre e ripetute traduzioni straniere, più precisamente tedesche, francesi, inglesi: e tutto questo nel breve giro di quattro anni (2). Alle traduzioni fecero eco le imitazioni. La contessa Giustiniana de Wynne-de Rosenberg-Orsini (la misteriosa « Mademoiselle X.C.V. » a-mata dal Casanova a Padova e nata a Venezia) se ne valse per quel suo romanzo arcadico-ossianesco che sono Les Morlaques del 1788 e che se oggi è dimenticato, ai tempi suoi ebbe le lodi del Cesarotti (nel Giornale di Modena), di Goethe, della De Staèl e fu anche tradotto in italiano (3). Carlo Nodier, uno degli iniziatori del romanticismo france- quc dalle suddette opere : in richiami, in documentazioni, in note a piè di pagina, in notizie raccolte sul posto o da manoscritti, in giudizi su singoli autori o su singole opere. Ci sono pagine o parti loro che hanno tutto il carattere di intere ricostruzioni, di rivelazioni, di documentazioni storiche e ancor oggi per certi casi particolari ci si richiama al Fortis, con tutti i suoi difetti, come a una buona fonte. Parecchie lettere del Fortis grondanti di erudizione slava, sono purtroppo inedite e sparse in archivi e biblioteche italiane e straniere. (1) Veramente il Lucio, nel suo già ricordato De Regno Dalmatiae et Croa-tiac del 1666, aveva dedicato tutto un capitolo a De Valachis, ma li aveva considerati dal punto di vista etnico e linguistico, e non aveva sentito e di qui comunicato il « fascino » della loro << primitività » e, più ancora, della loro poesia: altri tempi, altri gusti, altri orientamenti! (2) A. Fortis, Die Sitten der Morlac\en, Berna, 1775; Reist nach Dalmatien, Berna, 1776; Voyage en Dalmatie, Berna, 1778; Travels in to Dalmatia, Londra, 1778. Per altre informazioni cfr. G. Valentinelli, Bibliografia della Dalmazia e del Monte Nero, Zagabria, 1885. (3) Se n’ebbero una traduzione anonima, Costumi dei Morlacchi a Pado'1 nel 1798 e una, 1 Morlacchi, uscita postuma a Zara nel 1845, di Giandomenic0 Stratico, letterato dalmata, il quale si interessò anche di paleoslavo e pubblico, 306 —