tere di Przemisl, seguono detti e fatti stravaganti e dilettevoli; tale, per esempio, il caso di Ottocaro che, a chi l’avvisa del tradimento della moglie, risponde con uno spassoso bisticcio « cornua qui faciunt, ne cornua ferre recusent », e tale il caso di Venceslao, il quale dice che se la fortuna gli concederà di andare a saccheggiare le città d’Italia, « riserberà per sé le spoglie del vino». Del cieco Ziska si ammira valore militare e saggezza politica, e ritenendolo superiore ad Annibaie e a Sertorio, che avevano un occhio solo, si sottolinea com’egli senza occhi vinceva e governava meglio di quelli che « vedevano lume ». Notato pure il suo ingegno o la sua presenza di spirito, per cui una volta con un semplice stratagemma — col picchiare due vitelli e due maialetti per farli gridare — attirò a sé tutti i buoi e tutti i maiali che i suoi nemici avevano ricoverato in un’ «isola cinta del Danubio», dimostrando che « le cose di guerra si fanno non meno con l’ingegno che con la forza ». Infine la spregiudicatezza e l’arguzia sua sono colte nella raccomandazione di essere scorticato dopo morto c che, dato il corpo in pasto alle belve, della sua pelle si faccia un tamburo perché « il suono della sua pelle » metta ancora in fuga il nemico ! Altri casi di uomini e di donne illustri slave troveremo nei rimaneggiamenti o aggiornamenti del Boccaccio i quali risentendo già dell’atmosfera della Controriforma ed essendo apparsi alla fine del secolo, converrà trattare in altro capitolo. Qui invece possiamo aggiungere Paolo Giovio, che fra breve ricorderemo più a lungo. Per tanto ci interessano i suoi Elogia, che a breve distanza di tempo sono stati tradotti in italiano anche dallo stesso Domenichi (1). Essi effettivamente sono la collezione delle iscrizioni con le quali il Giovio illustrò i numerosissimi quadri raccolti nel suo delizioso museo di Como da « quasi tutto il mondo » — sono sue parole — « con continuo studio infaticabile... con una curiosità poco men che pazza e di spesa incredibile ». Vi sono ritratti, talora con evidente superficialità ma nel bel latino di Livio, i più illustri personàggi della sua epoca, pur cominciando con i dotti da Alberto Magno e con i guerrieri da Romolo. Non vi mancano personaggi slavi, perché il Giovio nella (1) P. Giovio, Elogia virorum litteris illustrium e Elogia virorum bellica vir-tute illustrium, Venezia, 1546, 1551; Le iscrizioni poste sotto le vere imagini degli huomini famosi in lettere di Mons. Paolo Giovio tradotte di latino in volgare da Hippolito Orio, Venezia, 1551; Gli elogi. Vite brevemente scritte d’huo-fntni illustri di guerra antichi e moderni, trad. di L. Domenichi, Venezia, 1559. — 131