« barbaro », cioè straniero, per nulla ostacolato dall’attaccamento alle gloriose tradizioni classiche, diventa stimolo e mezzo di nuove rivelazioni e apre la via a facili e clamorosi successi. E gome per una via si arriva alla scoperta dell’America, che, assieme all’invenzione delle armi da fuoco, trasformerà sensibilmente la fisionomia della civiltà, così per altre vie si elaborano quelle poderose e clamorose illustrazioni di genti e civiltà nuove che l’invenzione della stampa democratizzerà e diffonderà in mezzo al popolo ormai digiuno di latino e di arti grammaticali. La triste situazione, in cui l’Italia si venne a trovare in questa epoca (specialmente dopo che Carlo Vili calò in Italia iniziando l’epoca del predominio straniero nell’anno 1494, anno in cui morirono il Poliziano e Pico della Mirandola) fra una dominazione straniera e una signoria indigena, fra Spagnoli e Francesi, fra repubbliche marinare semipopolari che si guerreggiavano a vicenda e territori infeudati allo Stato pontificio che perpetuava il guelfismo, non s’incise sinistramente sulla prassi della Rinascita perché questa era più forte di ogni contingenza politica e indisturbata andava gradatamente fecondando quel suo meraviglioso sviluppo che la farà maestra a tutta Europa. Gli Italiani anzi dimostrarono una vitalità sorprendente e non solo di sé, ma seppero e vollero curarsi anche delle genti al di là delle Alpi e del mare e strinsero rapporti molteplici che dall’atto di amicizia personale o di visita ufficiale andavano a lunghi o addirittura stabili soggiorni e investivano vita pubblica e privata, impegni culturali e delicatissimi affari di Stato. Con ciò l’interesse al mondo straniero aumentava e la xenofilia assumeva precise disposizioni mentali e formali. Di riverbero aumentava anche l’interesse al mondo slavo. A ragioni intrinseche, connaturate nell’essenza stessa della Rinascita e divenute abituali nel sistema di vita o promosse da speciali relazioni di amicizia e di contingenze politiche, rispondevano altrettante cause estrinseche, determinate dalla risonanza particolare di singoli popoli slavi o di speciali casi loro, atti a fermare l’attenzione non solo degli Italiani, ma di tutta Europa. Era il principato di Mosca che, dopo tanti secoli di schiavitù, liberatosi finalmente dal potere dei Tatari, sviluppava in pieno la cosi detta politica di « raccoglimento della terra russa» e, assorbiti tutti i principati vicini, acquistava una rilevante posizione internazionale tanto da stringere rapporti diplomatici con varie potenze europee (1), (1) Per le relazioni con Milano cfr. G. Barbieri, Milano e Mosca nella politica del Rinascimento, Bari, 1957. — 81 6