244 L’ITALIA E L’ALBANIA l’opera per ciò che riguarda l’Albania — si è poi dimenticato delle cose che aveva scritto. E che, si noti bene, avevano prodotto quella impressione sulla quale, evidentemente, egli aveva contato. Tutti coloro i quali seguono tali questioni, e che di quella iniziativa sua si erano rallegrati, avrebbero desiderato, per esempio — e sarebbe stato naturale e logico, dopo quanto egli aveva scritto — fosse sorto a prendere la parola, quando si discussero le convenzioni marittime, domandando, si trovasse modo di far cessare nell’Adriatico, lo sconcio di quei sudici vapori della Puglia : di un servizio così indecente, per cui, l’on. Di San Giuliano, come capita a qualunque suo connazionale, si deve essere sentito stringere il cuore, salendo a bordo, e arrivando su uno di questi vapori in qualche porto dell’altra sponda dell’Adriatico, e constatando, anche da questo lato — importantissimo — la grande inferiorità nostra coi vapori austriaci, ungheresi •— e persino croati! La sua voce autorevole sarebbe stata ascoltata, e lo sconcio, forse, non esisterebbe più. Egli avrebbe potuto dimostrare l’urgenza di provvedere, meravigliandosi che, in un paese, nel quale si spende senza contare per le comunicazioni ferroviarie, non si sia trovato il modo di destinare un milione o due che basterebbero — e sono poca cosa per un bilancio come il nostro — onde sussidiare o questa della Puglia o un altra Società, ma esigendo un servizio almeno decoroso, invece di quello che abbiamo, per cui ad ogni arrivo di uno di questi piroscafi nel porti dell’altra sponda, l’elemento italiano