Il capo dell’ insurrezione 209 assassinato un suo fratello e un suo cognato, aveva, a sua volta, e secondo la legge del sangue, assassinato un certo numero di persone della famiglia nemica. Minacciato da questa e dai gendarmi turchi coi quali si era trovato di fronte più volte in scontri sanguinosi, si era organizzato nel villaggio di Bo-letini sulla cima di un monte, una specie di fortezza ove riparava quando era inseguito, e dove, anche per forze assai maggiori dei cinquanta o sessanta seguaci dei quali aveva finito per formare una vera banda disciplinata e pronta sempre a qualunque sbaraglio, sarebbe stata arduissima impresa il cercare di snidarlo. In più di una circostanza egli ebbe anzi l’audacia di scendere dal suo nido e presentarsi tranquillamente in paesi dove erano di guarnigione dei reparti considerevoli di truppa regolare. A un certo punto il bandito, cosa frequente in Albania, si trasformò in un capobanda politico: in uno di quei capi della montagna albanese, che, periodicamente, ogni anno, prima, come adesso, si rivoltano all’autorità quando credono che le autorità abbiano leso qualche loro antico diritto o quando desiderano ottenere qualche cosa e sanno che questo è il solo modo di raggiungere lo scopo. Per il suo coraggio e la sua audacia, e per qualche successo avuto negli scontri coi turchi, Issa Boletinaz, che potrà avere adesso dai quaranta ai quaranta-cinque anni, prese fino dall’epoca di Abdul Hamid il sopravvento sugli altri, e fu dei capi albanesi il più temuto. Abdul Hamid pensò allora che il solo modo di Mantegazza. 14