58 L’APPELLO ALL’EUROPA tiere serbo, inosservati. Ma, arrivati là, ci si fecero innanzi i gendarmi con le baionette inastate i quali ci imposero di tornare in città, a beledija (tribunale). Ed ecco sbucare dalle vie i turchi con fucili, scuri, coltelli, pronti a massacrare. Su quella folla gesticolante ed urlante dominava lo spettro della morte. Io rivedevo, in quel momento, il cadavere sanguinoso di Ilija Popovic. Il ricordo della macabra scena svoltasi poche ore innanzi agli occhi miei, non poteva lasciarmi. Io aspettavo, per i miei zii e per me, una fine simile. Non so in quale modo i nostri amici ci fecero entrare nel tribunale. So soltanto che- quando quella folla tumultuante si precipitò dietro a noi urlando: Morte! i miei amici turchi fra i quali non pochi dei miei clienti di Sjenitza, s’interposero riuscendo a sbarrare la strada alla folla. Uno di questi amici cercò di persuadere i capi arnauti, i quali finirono col concederci di... rimaner prigionieri. « Ma la folla imbestialita continuava ad urlare : Morte! Essa esigeva sangue cristiano per la festa del Bairam. Passammo ore tremende. Era una massa di circa 2000 uomini frenetici, trattenuta a mala pena da pochi gendarmi. Infine, verso notte, i miei amici, colto il momento propizio, ci fecero uscire e ci accompagnarono fino a casa. Ora — è l’alba di domenica, li 27 agosto — ora che vi scrivo queste righe colla sparanza di farvele pervenire, io mi preparo a fuggire. Se vi riesco, vi manderò altre notizie ». Il corrispondente di un giornale italiano da Belgrado, mandando la traduzione di questa lettera pubblicata sul giornale della capitale serba aggiungeva : « Qui termina il giovane avvocato Pavicevic. Trascorsi più di dieci giorni non si sono avute più notizie di lui. Sarà stato ucciso? Non è improbabile. I turchi — scriveva questo corrispondente alla data del 4 settembre — apertamente minacciano anche gli altri serbi della stessa sorte di Ilija Popovic. In tutto il sangiaccato regna la più grande ansia.