190 L’EPIBO non domi, e sentendo di non potere continuare la lotta, decisero di abbandonare in massa il proprio paese e di rifugiarsi a Gorfù. Ma le bande di Alì li sopraggiunsero in riva al mare mentre stavano per imbarcarsi, e pochi soltanto poterono salvarsi dal massacro. Però, sottomano, egli favorì più di una volta le jnosse degli insorti greci contro la Porta, e fu anzi la rivolta sua e dei suoi Klepti che diè la prima spinta all’insurrezione o che, per lo meno, ne rese possibile i primi movimenti. Tanto in guerra come nell’esercizio del suo potere sovrano, quest’uomo che aspirò non solo a costituire un gran regno dell’Epiro, ma che per un momento sognò di poter prendere il posto del Sultano a Costantinopoli, fu di una crudeltà feroce. Nè si curava di dissimulare co-desti istinti sanguinari pei quali, più ancora che per le sue imprese, il nome suo è rimasto nella storia, poiché egli stesso si faceva una gloria di essere, secondo una frase sua, « una torcia ardente per bruciare gli uomini». Innumerevoli sono le teste che egli fece cadere, i massacri da lui ordinati e ai quali pare desiderasse assistere sempre di persona, come a spettacolo gradito. Secondo qualche tradizione egli avrebbe anche fatto uccidere la madre e un fratello, onde non avere competitori nella rivendicazione del suo piccolo feudo di Tebelen. Oggi ancora, a poca distanza del convento dove egli fu ucciso, si indica la sua residenza d’estate, a Perania, dove, in una sola notte, avrebbe fatto annegare la bella Eufrosina, moglie di un onesto commerciante e madre di tre figli, diventata l’amante di Mouktar suo