— 88 — dall’Italia, sbarcò col suo piccolo esercito a Durazzo, d’onde era partito, e pochi giorni dopo rientrò in Croja; il suo ritorno fu salutato con gioia da tutte la popolazioni albanesi, già impensierite per la lunga sua assenza ed allarmate dalle insistenti voci che dicevano imminente la partenza del Sultano da Costantinopoli a capo di un numeroso esercito collo scopo d’invadere l’Albania. E tali voci non erano infondate. Maometto li, dopo la presa di Costantinopoli, aveva proseguito nelle sue conquiste; assoggettata la Grecia e gran parte dell’Arcipelago, mal tollerava che un piccolo Principe, a capo di poche migliaia d’armati, osasse contrastargli il possesso di tutta la penisola balcanica e contendergli la gloria delle armi ed il titolo d’invincibile. Deciso pe'rciò a muovere nuova guerra a Scanderbeg, pareva che egli stesso volesse porsi a capo dell’esercito che doveva invadere l’Albania; ma, quantunque fosse questo un suo desiderio vivissimo, pur tuttavia Maometto II fu costretto di rinunciarvi, perchè la dubbia politica del re d’Ungheria ed il concentramento di numerose forze sul Danubio, le turbolenze e le ribellioni di alcune provincie da poco conquistate, lo consigliarono a restare in Costantinopoli per essere pronto ad ogni evento e ad affidare col titolo di Ragguaglio su la Gente Albanese e sue colonie, le quali sarebbero, secondo l’autore, ben 69, di cui 7 in Sicilia. Tale estratto fu pubblicato in Napoli nel 1852 dalla tipografìa Criscuolo.