— 98 — In tal grave e diffìcile situazione non venne meno a sè stesso l’intrepido Albanese; alle popolazioni allarmate ricordò come egual pericolo si fosse felicemente superato nel 1449 e 1450 lottando contro Amurad II; alle truppe ricordò le passate vittorie dovute al loro valore ed alla loro abnegazione; esortò infine l’Albania intera a riporre in lui piena fiducia e, come pel passato, assecondarlo con egual ardore e coraggio. E tutti compresero che il pericoloso momento richiedeva energia e costanza; se l’Albania era stata abbandonata a sè stessa da quelli che fino a pochi giorni prima l’avevano spinta alla guerra e promesso d’aiutarla, l’Albania, dicevano quei forti montanari, non doveva per questo accasciarsi od implorare la pace da un nemico, a cui essi non avevano mai rivolto le spalle; lotterà, soccomberà forse, ma dimostrerà che coll’aumentar del pericolo aumenta l’ardire dei suoi figli, ben decisi a non sopravivere alla ruina della loro patria. Ed animati da tali sentimenti attesero sui loro confini che il nemico muovesse ad offesa. Di tutte le truppe che Maometto II aveva riunite in Romelia per contrapporre a quelle della lega dei Principi cristiani, solo una parte fu inviata ancora in quell’anno 1464 in Macedonia all’unico scopo forse d’impedire le continue incursioni che in essa facevano gli Albanesi ; ma il generalissimo Ballaban-Vader Pascià, che le comandava, non si limitò a tali operazioni difensive e volle tentare, mentre ancora la stagione era propizia, di penetrare in Albania per vendicare i sac-