— 56 — E pare che nella breve solitudine del chiostro si fosse fatto più vivo in lui il desiderio di vendicarsi di Scanderbeg, perchè una delle sue prime cure, appena risalito sul trono, fu di provvedere alla riunione di un potente esercito, a capo del quale voleva porsi egli stesso per muovere alla riconquista dell’Albania; ma, trattenuto da torbidi interni e dalla attitudine minacciosa dell’Ungheria, non potè mandar ad effetto il suo disegno e si limitò ad affidare un corpo di circa 20 mila uomini a Mustafà-Pascià, quello stesso che già era stato sconfitto da Scanderbeg nella primavera dello stesso anno, ingiungendogli di limitarsi a difendere la Macedonia dalle incursioni degli Albanesi e di nulla intrapredere contro Scanderbeg finché egli, il Sultano, non fosse venuto a raggiungerlo con maggior numero di truppe. Mustafà-Pascià, giunto col suo piccolo esercito ai confini dell’Albania (1), fu esattamente informato di quauto era accaduto per causa della successione del distretto di Daina e come Scanderbeg si trovasse seriamente impegnato ed in lotta colla Repubblica di Venezia; si affrettò a rendere di tutto edotto il Sultano, dimostrandogli come fosse questo il momento favorevole per invadere l’Albania quasi indifesa, e come la lontananza di Scanderbeg rendesse probabile, se non (1) È supponibile che anche questa volta Mustafà-Pascià tenesse il grosso delle sue truppe a Monastir; ciò si è indotti a credere dalle operazioni che egli accennava di voler intraprendere verso Croja.