— 44 — metto; l'imperatore Greco, trepidante, restava chiuso in Costantinopoli, quasi presago della prossima caduta del debole suo Impero, ma fermamente deciso a difenderlo lino agli estremi; solo l’Albania, sorretta dalla fiducia incrollabile riposta in Scanderbeg, sdegnava riconoscere l’autorità del Sultano e riaffermava la propria indipendenza. Tutto adunque induceva a credere che Amurad II, libero dai gravi ostacoli che inceppavano l’azione sua prima della vittoria di Varila, avrebbe proseguito nelle sue guerre di conquista, o che almeno si sarebbe gettato sull’Albania per ridurla all’obbedienza e punire Scanderbeg della sua ribellione. Ma nulla di tutto ciò avvenne; Amurad sostò, ed a nuove guerre preferì amichevoli accordi, di cui prese l’iniziativa, a ciò indotto non tanto dalle gravi perdite subite, come alcuni affermano; ma bensì da un profondo pensiero politico che gli faceva intravedere essere questo il momento opportuno per assodare maggiormente il suo Impero in Europa senza correre il rischio di nuove guerre. Apri per conseguenza trattative di pace coll’Unniade e, vincendo il proprio interno risentimento, anche con Scanderbeg, inviandogli da apposita ambascieria una lettera contenente le condizioni, a cui egli, il Sultano, si degnava accordarla; questa lettera, datata da Adria-nopoli il 15 giugno 1445, era scritta in termini superbi e fieri come da Signore a Vassallo e più che di pace parlava di perdono ; essa comincia così :