— 117 — l’opera di tali agenti finirà di esser coronata da prospero successo, se noi continuiamo nell’inazione e nell’indolenza. Ed infatti, di fronte a tale attiva propaganda, a tale previdente preparazione del vicino Impero in suo favore, l’Italia resta apatica, indifferente, non curante delle simpatie che quelle popolazioni nutrono per essa; gli Albanesi (e parlando con essi non ne fanno mistero) considerarono sempre e considerano tuttora l’Italia come una seconda loro patria, e già prima dell’epoca di Scanderbeg i loro piccoli commerci si svolgevano, sotto la protezione di Venezia, sulle coste italiane; dall’Italia ebbero assistenza e soccorsi nelle circostanze difficili per la patria loro; in Italia scesero a combattere per una giusta causa quali alleati del Pontefice e del Re di Napoli. E per tutte queste favorevoli circostanze, sorse fra i due popoli una reciproca simpatia, che diventò quasi comunanza d’affetti, quando alcune colonie albanesi si stabilirono nelle nostre provincie meridionali, ai tempi di Scanderbeg ed in epoche successive ai tempi di Carlo V, ed ancora nel 1744, regnando Carlo III. Ma di tutte queste favorevoli disposizioni d’un popolo che all’Italia tende la mano amica e da lei attende, all’evenienza, protezione ed aiuto, gli Italiani e per essi i loro Governi non seppero o non vollero approfittare; là in quelle contrade non s'incontra persona che spenda parola per affermare i sentimenti