— 108 — Nello stesso tempo, essendo stati uccisi dai Soprascutarini di Hoti e di Shkreli alcuni Mirditesi, questi unitisi a quei di Kè-thella bruciarono e distrussero tutte le abitazioni d’inverno, che quelli avevano tra Alessio e il mare, portando via tutto il bestiame con danni incalcolabili. In tal circostanza il Governo turco pensò di costituire una specie di milizia territoriale, facendo suoi zaptii o gendarmi i più famosi di quei briganti, con stipendio, e mise un rappresentante turco a Resheni. Fedele questo alle direttive del suo Governo che non vedeva di buon occhio la missione, si adoperò perchè i missionari non andassero a Kethella, parlando male di essi e cercando d’impedire che si avessero a perdonare gli odi e pacificare i sangui. Anzi i cristiani stessi, prevedendo che con la probabile venuta dei missionari, il paese sarebbe stato indotto al perdono delle offese, cercavano di vendicarsi prima che ciò avvenisse per timore di non poterlo più fare; altri invece commisero omicidi nella speranza di ottenere il perdono durante la Missione. Dio però dispose altrimenti a dispetto delle opposizioni umane. La missione a Kethella ottenne più di quel che ci si potesse aspettare, come vedremo. Bisogna notar subito però, che una gran parte del merito si dovette a Mgr. Pasquale Lalpèpaj, parroco di Kethella che aveva domandato la Missione fin dall’anno precedente con bellissima lettera, e si era sforzato di disporvi il terreno parlandone bene. Fu egli che introdusse i missionari in parrocchia e li accompagnò poi da per tutto nelle loro escursioni, dividendo le fatiche e gl’incomodi del viaggiare e tutti gli altri disagi, precedendo in ogni cosa con la sua autorità. Bisogna che riferiamo qualcosa intorno alla storia singolare di quest’uomo a cui è legato pure lo zelo apostolico di Monsignor D’Ambrosio. Mgr. Lalpèpaj non s’era sempre chiamato così: il suo nome era stato Zejnèl Bajrami. Egli era nato nella religione dellTslam a Selita minore (e keqe), in quel di Curbino. Verso i 16 anni egli era rimasto orfano, quando il 24 marzo 1853 (egli aveva allora 19 anni) l’intrepido giovane comparve, non ostante tutte le opposizioni dei suoi, nella chiesa dove celebrava il Vescovo, e gettatosi davanti al suo trono domandò alla presenza del po-