— 167 — ciò essere effetto spontaneo dell’insegnamento cristiano a cui uno si sottomette per propria convinzione, liberamente, e chi non lo fa, peggio per lui; a ogni modo nè la sua libertà nè il diritto di nessuno è violato. E allora il milazìm: « Se così è, fate pure liberamente le vostre funzioni; nessuno vel proibisce ». E si levò un musulmano di Miloti a difendere anche lui il missionario contro il Governo: « Voi non sapete come stieno le questioni dei sangui in questo nostro villaggio; e perchè dunque venirci a disturbare? Io altamente mi meraviglio di quelli che hanno accusato i benefattori (così il turco chiamava... i Gesuiti); io sono e sarò mallevadore dei Missionari e di quanto essi faranno io sarò responsabile presso il Governo ». E così la missione non ebbe nessuna noia nè a Miloti nè a La§i. L’incidente più grosso avvenne al ponte del Drino a Bahgallèk. Il Padre aveva avuto ordine dal Superiore di ritornare a Scutari interrompendo le missioni. « Così adunque *— racconta il P. Sereggi — partii da Del-beniscti e il mercoledì, passato il ponte del Drino che è sotto la fortezza di Scutari, io entrava tranquillamente in città, quan-d’ecco mi si presenta un gendarme doganale e mi chiede il passaporto. — Che passaporto? — diss’io; non vengo io già dall’estero o per via di mare, ma da Delbeniscti, che si trova verso Korbino. •—- Dove sta questo Delbeniscti? ripigliò il gendarme. — Nell’Arcidiocesi di Durazzo. — Di Durazzo? va bene. Ma voi come vi chiamate? — Angelo Sereggi. — E chi siete voi? che fate? — Sono Sacerdote e Gesuita, nativo di Scutari. — Ah! Gesuita? e quando siete andato a Delbeniscti? — Da circa venti giorni. — Ma nel partire che via avete tenuta? — Sono passato proprio per questo ponte e ciò di giorno; e nessuno m’ha chiesto il passaporto, e non si suol domandare a chi viaggia nell’interno dell’Albania ». E allora il gendarme gli significò che aveva avuto ordine di condurlo in gendarmeria. Questa era nel centro del bazàr,