—11 — istanze della popolazione, si pensò di ridurla a un’isola, e si cominciò a mettere un tale disegno in esecuzione nel 1455. Si pensava forse a Zara e a Traù. Un ingegnere veneziano dirigeva i lavori. Furono raccolti degli operai da tutte le città veneziane dell’Albania; altri furono inviati dai Principi Albanesi; il solo Topja ne aveva promessi 5000 per tale impresa. Ma le dune di sabbia continuavano a riempire e resero inutili gl’immensi sforzi. Le tradizioni popolari raccontano ancora di galee die passavano allora pei canali aperti. Quando i Turchi cominciarono a far delle scorrerie in tutte le regioni d’intorno dopo la morte di Skanderbeg (1468) la decadenza non ebbe più argini. Dopo averla conquistata nel 1502 la ridussero a meschine proporzioni stringendola dentro una cerchia di nuove mura costruite coi resti delle altre: frammenti di marmo, sculture, iscrizioni romane, bizantine e veneziane, pietre sepolcrali con stemmi. Cerchiamo di raccogliere le varie linee in un solo ritratto. La città antica greco-romana aveva una cerchia di mura a nord assai ampia; dentro di questa vi erano i templi e gli edifici pubblici e le case di quella ricca città di mercanti; in alto torreggiava l’acropoli. Durante il dominio dell’impero bizantino le mura si strinsero verso le alture; abbiamo la linea della cinta medioevale che era indicata dalla torre del despota epirota Teodoro del sec. XIII. La terza cerchia di mura è quella del tempo napoletano e di Venezia, che fu ristretta ancor di più in seguito dai Turchi e fu ridotta ad avere 600 metri di lunghezza e 250 di larghezza. Non dimentichiamo che era provveduta di acqua da un grande acquedotto costruito dall’imperatore Adriano e rinnovato da Alessandro Severo. Secondo la testimonianza di Vibio Sequestro l’acqua era derivata dal fiume Ululeus che probabilmente è l’Arzen. Polibio anzi afferma che la città era fornita nel suo interno di abbondanti sorgenti di buona acqua potabile; forse ci apparteneva anche la Fontana Civrile (sic) a ponente fuor della città d’oggi, e che gli albanesi chiamano Curri la (= sorgente). Tale è la fisionomia topografica della città a traverso i tempi. Bisogna ormai che passiamo a considerare gli elementi culturali e morali sulla trama dei cambiamenti politici.