— 141 — ma contaminata dall’apostasia. Erano i mesi che un vasto mare di nebbia copre le sponde del Drino, i mesi dei ghiacci e delle nevi. Di là ritorna a Scutari per rivolare ai suoi cari figli delle montagne durante la Quaresima, e rivede per ordine i villaggi di prima, e cammina lungo il Drino torbido e possente di acque, per Apripa dalle sette chiese, Poravi, Fira, Gralishti, Bugjoni in cui Dio seminò le più belle castagne, Apripa e Merturi i Gurit, Berisha. Scutari lo richiama con l’incanto delle sue grandi messi fulve per l’estate e l’Arcivescovo lo manda a Vuksanlèkaj di Traboina per le strade che sentono ancora lo scalpitio dei cavalli di Roma. L’autunno è di nuovo alle porte e riconduce con sè il Padre alla conca meravigliosa di Iballja, coronata dalle fronde che inaridiscono col giallo pallore della morte. Di là torna a Mézi dal suo Prend Hajdari e dal catechista Doda, rivola sopra Iballja a Harapi, e oltre il Plaver a Fira, e per Brigje passa a Poravi e Miliskau e Meziu e Dardha, e poi rifà le orme dello stesso sentiero e girando col suo compagno che non si stanca mai, il Drino, per rivedere Apripa e Meruri i Gurit, entra pei monti a Qyqeshi, risaluta Iballja e ridiscende alla città del piano. Non è passato l’inverno e il Padre è di nuovo sulle ali della Missione. Porta un dono del Vescovo al Kajmakàm di Puka che gli prometterà molto, e non manterrà nulla, da buon turco; ma egli crede che la sua autorità l’accompagni nella lotta che lo aspetta con terribili forze a Iballja, Lévosha, Sapà§, e Berisha. La quaresima che risorge anch’essa dallo squallore dell’inverno, lo conduce a fare koniqe che preparano alla festa per eccellenza, alla Pasqua di Resurrezione, nel villaggio della chiesa di Berisha, a Race e Milhuer oltre il torrente dalle acque pure, il Sapà§, a Fusha e Thagit culla di questa grande famiglia dei monti, a Dùshkaj, a Shkvine e Brèbulla e Papi, e Shopel e Knari e Majza e Véllashi, e a tutti i villaggi che ci son già fa-migliari da Merturi i Gurit a Dardha, che lo rimanda per lo stesso sentiero a Fira. Non dimentica nè Bugjoni nè Gralishti prima che la primavera lo riconduca alla città del re Genzio. Va a Nensliati à render conto della sua opera al Pastore, e tornando effonde un po’ del suo spirito sui villaggi di Nara^i e