— 160 — prudenza dei Padri, e suggeriva che il P. Superiore quasi a modo di appendice a quanto era avvenuto l’anno prima ne facesse rimostranza al Vali, rimostranza che egli avrebbe appoggiata tanto più che il suo Governo vedeva di buon occhio la Missione Volante. La protesta contro i soprusi degli ufficiali subalterni doveva essere inviata per mezzo del Console. Il P. Pasi da Curbino in data 1° marzo scriveva una lettera al Console esponendo le cose e giustificando la missione, e protestando che un Kajmakàm violi il diritto della libertà di culto in nome del Vali senza presentare nessun documento. Era allora Governatore e Comandante della piazza di Scutari S. E. Abdullàh Pasha. La lettera al Console era mandata a Mgr. Guerini perchè ne prendesse cognizione e poi la consegnasse. Il popolo ascriveva quelle mosse arbitrarie deH’autorità a uno stato d’animo generale dei turchi i quali dai trionfi della religione cattolica si sentivano molto umiliati tanto da non osare alzar la testa a vedere le funzioni che si facevano durante la visita dei Missionari. Anzi si diceva che i musulmani di un certo paese avendo sentito le orazioni che i fanciulli imparavano dai missionari eran corsi furibondi dal loro hoxhà dicendogli che la sua fede non valeva nulla; se n’andasse pure altrove e non rimanesse lì a mangiare il pane a tradimento. Cosi scriveva il P. Sereggi, che si era ritirato a Dajei di Zadrima per aspettar ordini. Il P. Superiore gli faceva sapere che ritornasse a Scutari. Abdullàh Pasha non tardò a farsi vivo inviando il 3 marzo una nota alla Curia Arcivescovile di Scutari accusando i Gesuiti che viaggiassero senza averne prima informato il Governo per diversi villaggi radunando una moltitudine di gente per pacificare i sangui, ciò che competeva unicamente al potere governativo, e non si poteva permettere a nessun’altra corporazione. Un’altra accusa comincia a far capolino: i Gesuiti sostituiscono certi discorsi politici alle prediche. Non potendo il Governo rimanere indifferente di fronte a simili fatti, domanda schiarimenti e avverte l’Arcivescovo dell’obbligo d’intervenire con la sua autorità. E seguitava a vantare che