— 4U6 — e pagare la multa col tre o quattro per uno, oltre alle spese per adunanze di capi, per vecchiardie ecc. Ultimamente il ladroncello rubò uno schioppo, ed accusato di averlo preso, negò; messo poi al giuramento giurò di essere innocente. Ma non si volle credergli nemmeno dopo il giuramento, e si domandò che egli provasse la sua innocenza, facendo giurare in suo favore 24 persone. Quest’uso, di giurare con sei, dodici o ventiquattro affine di dichiarare la propria innocenza, in Albania è comunissimo, e tal modo di giurare si chiama me baa bee n’paród. L’imputato dichiara e giura a quelli che devono deporre per lui, ch’egli non ha commesso la colpa, della quale è accusato; e questi dietro la sua giurata affermazione, giurano in suo favore. Come è chiaro, un tal modo di giurare sulla sola parola d’un altro, per sè non è lecito, e molti giurano così imprudentemente e alle volte il falso; ma per lo più, chi è chiamato a giurare e vuol procedere rettamente, non si contenta della testimonianza dell’imputato, ma cerca informazioni altrove, finché arriva a formarsi la coscienza, che il giuramento che sta per fare non è falso. Però in pratica, anche dopo le ricerche più diligenti per iscoprire il vero, è raro il caso in cui si possa dare un giudizio positivo sull’innocenza dell’accusato, ed esser certi che il giuramento che si fa sia vero: e più volte è avvenuto e col tempo si seppe, che il giuramento n’paród era stato falso. Nel caso nostro avvenne, che mentre i 25 beetár o giuratori stavan giurando un dopo l’altro, si alzò uno degli astanti, e disse: Fermatevi, e non andate più oltre giacché voi tutti giurate il falso; io sono testimonio del furto: e lo provò. Allora i 24 traditi chiesero al giovane soddisfazione: misero multe, ed accusarono il reo al governatore di Puka, il quale in un giorno prese alla famiglia dello sciagurato quanto avea in animali e roba, e la ridusse alla miseria. L’infelice giovinastro non fu contento di questo, ma per vendicarsi di questo scoprimento, uccise una persona, e così « gettò in sangue » tutta la famiglia e fratellanza. Il capo di casa, dopo tanti danni, ne cacciò il nipote, e solo nella Missione s’indusse a riaccettarlo dopo che ne vide il pentimento, e dopo che il giovane tutto da sè in pubblica Chiesa volle domandar perdono e far giuramento davanti a tutto il popolo che non avrebbe più rubato, nè sarebbe stato più scapestrato, come fino allora avea fatto purtroppo ». A Kabashi vi era un concubinato, pel quale non si potè far altro se non scomunicare civilmente i due colpevoli.