— 11 — vitò durante le vacanze a passare qualche giorno con lui sulla montagna Bra, nei Lessini, nel territorio di S. Anna d’Alferedo, dove il Marini teneva al pascolo estivo il suo bestiame. Là ci sono le così dette baite o baiti, specie di rozze capanne da par stori; possono essere di due piani; nel superiore dormono, e in quel di sotto, che è il pian terreno, fanno il formaggio. È un uso tradizionale e comune, nei nostri monti, di mandar il bestiame in montagna durante i mesi del grande calore. Domenico, l’abbiamo sentito dire da chi lo conobbe, avvezzo a un vivere quieto e ritirato, non amava allontanarsi di casa. Una volta però, doveva essere in una delle vacanze che veniva a prendere da Peri, accondiscese al desiderio del cugino. Dopo due o tre giorni, si noiò, lasciò il baito e ritornò a casa. Per scusarsi poi col cugino d’esser partito così, scrisse una poesia e gliela mandò. Sonò gli unici versi di Domenico che io conosca, e non rimasero in nessun manoscritto, ma nella memoria tenace di suo fratello Momi, che così dettò la sua poesia. Egli suppone di aver incontrato al ritorno dalla montagna il suo compagno di studi, che fu poi D. Antonio Cromer, il quale gli rivolge naturalmente la domanda : « Dove vai mio caro amico? Dove vai sì frettoloso? Tre minuti di riposo Devi fare insiem con me ». « Mi chiamava la campana, Anche jeri di mattina.....». E dicendolo, Marina Tosto disse: « Senti mo’.....». « Taci, taci, ninfa bella, Disse Lucia interrompendo, Perocché io pur comprendo Ch’egli è stanco di star qui ». « Di rossore mi copersi, Ma poi dissi: Ciò non dite. Non avete forse udite Le discolpe che vi do? ».