— 32 — lica in mezzo allo scisma o all’apostasia generale, fin da quando s’incontra nelle memorie ecclesiastiche il suo primo metropolita Basso verso il 387. Conservò per alcuni secoli il diritto metropolitano trasmesso poi a Dioclea circonfusa dal classico splendore di Roma imperiale. Dioclea a sua volta fu ecclesiasticamente assorbita da Antivari, ma rimaneva ancora a Scutari la gloria di ereditare la corona metropolitana in questi ultimi tempi, e il gran merito di aver conservato più ferme e più pure le tradizioni cattoliche di quell’Albania per cui lottò, formando l’epopea nazionale più fulgida, Skanderbeg, eroe non solo dell’Albania, ma di Roma e dell’Occidente, cui contribuì, pur sacrificando il suo paese, a salvare dalla barbarie della mezzaluna. Anche Venezia ha congiunto le sue glorie immortali coi destini cristiani e la cultura tipicamente occidentale di questa città, rocca del cuttolicismo albanese. L’occupazione ottomana portò certamente un’immensa sventura, ma se smantellò le mura della fortezza, non espugnò del tutto la compagine cattolica. Molti, è vero, per non cedere alla persecuzione del barbaro conquistatore, seguirono la bandiera di S. Marco verso la Dalmazia e il Veneto, ma è certo pure che numerose famiglie, confortate da eroici missionari, non piegarono il collo al giogo dell’IsIam. Ciò non vuol dire che le condizioni generali dei fedeli e del clero non abbiano sentito il colpo fatale del nuovo stato politico-religioso prodotto dal governo turco in Albania; la storia ecclesiastica conservataci con tanta copia di documenti dal celebre P. Farlati S. J., dalle relazioni dei vescovi e dai decreti dei concili ci presentano le luttuose circostanze in cui venne a trovarsi la povera Albania cattolica del Nord. La semplice statistica proporzionale degli abitanti della città che abbiamo riportato sopra, parla con sufficiente eloquenza. E però l’opera affidata dai vescovi e da Propaganda ai Padri Gesuiti per un’organizzazione centrale del clero cattolico a Scutari, madre, si può dire, delle chiese albanesi, e l’altra, importante essa pure, di aiutare i RR. PP. Francescani nell’educazione della gioventù seutarina, furono senza dubbio, provvidenziali. Il P. Domenico Pagi era appunto destinato dal R. P. Provinciale a questo nuovo campo di lavoro, tre anni dopo la