— 36(J — raccomandando alcune cose per essi più necessarie e finii col pregarli di voler piantare una bella croce in quel luogo dove la prima volta forse dacché esiste il cristianesimo s’è celebrata la Santa Messa; lo promisero di cuore, e come poi seppi, veramente la piantarono. Fin dalla sera precedente avea dovuto cambiare il mio itinerario. A notte fatta venne la notizia che nel villaggio di Msiu un giovane stava per morire. Non potendo recarmi allora dall’ammalato perchè era notte, dovea farlo appena spuntato il giorno. Quindi finita la S. Messa dissi al Fratello di continuare il suo viaggio fino a Dardha coll’asinelio, dove io l’avrei raggiunto la sera. Accompagnato da una guida, per sentieri orribili, cominciammo a calar la montagna per discendere nel villaggio che è a tre ore di distanza quasi sul Drino. Msiu fu per me sempre un caro paese. La sua posizione è bella ed allegra; gli abitanti poi di buona indole, intelligenti, ospitali, così che quelli degli altri villaggi di quella casta (costa!), quando parlano senza passione sogliono dire : Se si vuol trovare brava gente, bisogna andare a Msiu. Per me poi avevano mostrato sempre rispetto ed affetto particolare. Fu il primo villaggio che dopo Ibalia ebbe il beneficio dell’istruzione dei Padri. Essi stessi vennero ad Ibalia a pregarci di andar tra loro. Quando io andai e dissi loro di trovarmi qualche locale dove potessi abitare ed istruire i ragazzi per qualche settimana, mi proposero la scelta fra quattro delle migliori kulle che si trovavano in paese; si obbligarono essi a portar la legna necessaria perchè nè io, nè i ragazzi patissimo il freddo, e mentre io stetti tra loro gareggiavano a portarmi regalucci proporzionati alla loro condizione, come una coppa di latte inacidito, una bottiglietta di rakia, ossia acquavite, qualche frutto, un po’ di castagne e simili. Ora questo paese a me dianzi tanto caro avea cambiato aspetto ed era diventato un oggetto di compassione e tristezza. Nel paese vi sono due fratellanze, una appartiene al fìs o ceppo di Thaci ed è la più numerosa, l’altra a quello di Ka-basci e non conta che dieci o dodici famiglie. Se in queste montagne manca l’irrigazione tutto si dissecca e abbrucia, nè si può cavare prodotto alcuno dal povero terreno coltivato. Quindi ogni paese ha la sua vada ossia canale, o corso d’acqua per irrigare. Si prende nei vari torrenti o fiumicelli che numerosi solcano queste montagne. In quel lavoro prende parte tutto il paese, affinchè tutti poi possano aver diritto all’acqua, e spesso si fa venire assai di lontano per la costa del monte, vincendo grandi difficoltà per fare il canale, ed usando gran cura ed attenzione per ripararlo ogni qualvolta si guastasse-