— fio- che a quelle arti che più si confanno al sesso femminile (pagine 80-81). Nella terza parte il Concilio parla dei vescovi e dei loro doveri pastorali, e nella quarta parte dei parroci e dei missionari, rinnovando decreti e rimovendo certi abusi che possono insinuarsi in qualunque classe di persone e usurpare i luoghi più santi. Ma ciò ha meno importanza, poiché allo scopo di mostrare le condizioni generali del paese in cui sacrificò la sua opera e la sua vita il P. Domenico Pasi, non serve considerare quello che è esclusivamente proprio di un determinato ceto di persone. È necessario invece che rifacendoci a un tempo anteriore, cerchiamo di comprendere alla luce della storia, le cause dell’ignoranza e dell’abbandono religioso in cui giacquero queste popolazioni, secondo che ci è attestato da documenti pubblici e solenni come sono quelli che citammo. Son persuaso che questo servirà a farci giudicare con un senso di mitezza e di compassione le tristi condizioni rappresentate, senza perciò pregiudicare all’imparzialità della storia. Esse sono piuttosto che uno stato cosciente di malizia e di peccato, una sventura nazionale per effetto di terribili circostanze, che non so se ci sia altra terra in Europa dove abbiano avuto luogo così tragicamente. Esaminiamo brevemente questo aspetto del problema. Prima di tutto bisogna por mente che l’Albania fu si può dire un campo continuo di competizioni e di battaglie. Lasciamo stare il periodo illirico e il periodo romano, che questo anzi dovette portare una certa prosperità e pace, ma da quando cominciarono le scorrerie dei barbari, dai Goti agli Slavi e agli Ottomani, fino al nostro tempo, questo paese non ebbe mai un assetto tranquillo e di progresso dal punto di vista economico e politico. Le onde dei popoli si sono abbattute con furia tempestosa contro lo scoglio di questa formidabile isola a cui si ridussero le reliquie delle antiche schiatte traco-illiriche come a ultimo rifugio di salvezza e di vita. E devono la loro ostinata e gagliarda sopravvivenza appunto al fatto d’aver preferito alla schiavitù il vivere tra monti asprissimi e selvaggi, lontani dalla convivenza dei popoli che passarono con l’ambizione del dominio e dell impero. L’irrequietezza, l’istinto scaltro e ostinato della