84 — Ordine religioso, quello dei Padri di S. Francesco, i quali misero piede in Albania nella prima metà del sec. XIII. Per avvicinarci al nostro tempo, e avere una documentazione abbastanza particolareggiata sulle condizioni religiose dell’Albania nei due secoli che precedettero il rifiorire dell’Ordine francescano e la venuta dei Padri Gesuiti in Albania, bisogna ricorrere alle cronache interessantissime dell’cc Orbis Seraphicus » (Tom. II. Lib. IV, pag. 393 sgg.) che si fondano sulle relazioni dei Missionari stessi. Riassumerò prima di tutto quel che vi si dice intorno alle condizioni in cui fu trovata l’Albania nella prima metà del sec. XVII, quando si prende negli annali dell’Ordine il filo dell’azione missionaria francescana in quei luoghi. Bisogna notar subito che i missionari degli Osservanti Riformati ebbero invito a stabilire la missione da Mgr. Giorgio Bianchi (Bardhi), che trovandosi a Roma e sentito della virtù e zelo apostolico del P. Bonaventura da Palazzolo, gli espose le grandi necessità della Chiesa Albanese e domandò due religiosi. Fu il primo passo, e non si tardò a decretare la missione dei Padri in Albania nel 1633, aimo undecimo del pontificato di Urbano Vili. Furon scelti undici religiosi, 9 sacerdoti e 2 laici, che lasciaron ITtalia nel 1634 verso il principio di settembre. Giunti a Ragusa, si cercò distoglierli dal proseguire, attese le enormi difficoltà di entrare e di mantenersi in luoghi dove il fanatismo turco era estremo. Anche Mgr. Benedetto Ursino, vescovo di Alessio, che pure era dell’Ordine francescano, e lo stesso Mgr. Bianchi di Sappa, interpellati, rispondevano di non poter dare nessuna garanzia, e anzi il primo li ammoniva di tornar indietro, che egli stesso avrebbe dovuto fuggire tra i monti se essi venivano. Mgr. Bianchi invece, forse, come albanese, più pratico dei pericoli e dei modi di superarli, pur non potendo dare assicurazioni, mandava a Ragusa chi li guidasse. Un Padre Gesuita di Ragusa a sua volta li incoraggiava a proseguire mostrando in un pubblico discorso al quale li aveva invitati, che Dio non abbandona le imprese ben incominciate e ispirate da lui, ancorché paiano impossibili. Da Roma pure giunse una lettera che levò ogni incertezza, ma secondando il consiglio di Mgr. Bianchi e le parole della Curia Romana che lasciava libertà di ritornare a chi non se la sen-