— 292 — compromesso di fatti sarebbe ormai stato possibile, nè si vedeva altra via che quella di rassegnarsi a cader in sangue ed esser uccisi essi o vedersi uccisi i figliuoli per non cedere la figlia, che poi forse non si sarebbe potuta più maritare altrove. Non compresero o non vollero accettare questo eroismo e non furono potuti indurre a non consumare l’orrendo delitto e il missionario li lasciò nel loro peccato. Alle tristezze però si alternavano le consolazioni. Passato il 21 marzo a Mzii riuscì a far accettare la legge d’Iballja. « Qui trovai — ci narra il P. Pasi — un buon vecchio che non si saziava di ringraziare il Signore che noi fossimo andati a lavorare in quei paesi. Diceva che sempre aveva pregato il Signore di poter vedere qualche ministro di Dio che si occupasse iri istruire lui e i suoi fratelli, e insegnasse loro a pregare. La sua preghiera ordinaria era « Aman o Zot, Aman o Zot », e diceva che l’aveva imparata in un sogno. Gli parve di vedere un vecchio venerando il quale gli domandò se lo conosceva. Alla risposta negativa, riprese: Si, tu mi conosci e mi preghi. — Ma se non so pregare e non ho nessuno che m’insegni! — Quando tu vuoi pregare, soggiunse il vecchio, dì: Aman o Zot, Aman o Zot; espressione che vale quanto la nostra ialiana: De! aiutami o Signore! Misericordia Signore! — Mi raccontò pure che essendogli morta la moglie, si era di nuovo unito ili matrimonio. Presa in casa la sposa com’è uso, voleva aspettare che venisse il Sacerdote per far benedire il matrimonio, ma la notte gli apparve in sogno la prima moglie defunta, e gli disse : guardati dal convivere colla tua nuova moglie, prima che tu abbia latto benelire la tua unione. La mattina appena alzatosi prese la donna e se ne andò sino a Fira a sei ore di distanza per far benedire il matrimonio dal Sacedote che colà si trovava ». Il 23, era un sabato, il Padre partì per Apripa e Keqe, o Apripa (Ad ripam) cattiva (brutta), passando per Arsti e Mi-liskàu. Apripa e Keqe è un paesetto sopra il Drino, composto, come si assicura, ab immemorabili di sole 7 case, affatto fuor di mano e di difficile accesso. Ora il paese è povero, brutto e miserabile; non per nulla fu detto Apripa e Keqe. Le poche case sono sparse sul pendio della montagna dove poteron trovare un pugno di terra da coltivare; ma è un terreno così piccolo e così magro che non potrebbe mantenere neppure quelle 7 case tradizio-