— 330 — tello a caso collo schioppo mentre lo volea pulire; l’altro che era appunto il feritore era tormentato dalla bile... Mgr. Vescovo legò, come qui si dice, o interdisse tutta la famiglia dei gynatari per togliere più facilmente questo scandalo, ed anche perchè tutta la famigilia in generale è colpevole perchè partecipe e connivente; quindi la privò dei sacramenti tranne della confessione quando qualcheduno è ammalato gravemente. Io confessai pertanto il ferito e poi m’adoprai a persuader la famiglia che se non aggiustava le cose con Dio togliendo quello scandalo, avrebbero avute altre disgrazie anche maggiori. Inutile! Belle parole, belle promesse, e nulla più. Poche ore dopo moriva il ferito che io confessai. Qualche settimana prima un’altro della famiglia, andato a Scutari per affari s’era annegato nel Drino; io dissi loro che non era meraviglia che avessero queste disgrazie; erano in sangue con Dio, e Dio stava prendendo il suo sangue. Sul partire, la vecchia di casa mi venne dietro e fermatomi in istrada mi scongiurò per Dio e per la Messa che io diceva le manifestassi se l’anima del giovane annegatosi nel Drino presso a Scutari sarebbe stata sempre là lontana da casa sua, oppure se sarebbe venuta a girare in questi monti. Le dissi che l’anima nè stava là presso a Scutari, nè veniva in questi monti, ma era andata nell’altro mondo a ricevere il premio o castigo che avea meritato colle opere buone o cattive. Credo, sia stata una risposta troppo dotta, perchè non mostrò d’averla capita, e invece mi espose il suo timore che le streghe si avessero mangiata quell’anima e mi scongiurò di nuovo per la Messa che diceva a dirle se veramente la cosa era così. L’assicurai che no, e che stesse pur certa che nissuna strega s’avea mangiata quell’anima. Si mostrò contenta; avrebbe voluto dir di più, ma io non avea tempo da perdere e partii. Ieri sera mi trovai col fratello d’un altro gynahtar, col quale 10 avea combattuto molto in quaresima ma senza nulla ottenere. 11 caso è questo: uno di Sciala della diocesi di Pulati gli rubò la donna, cosa che in questi luoghi accade facilmente; la famiglia del derubato e precisamente il fratello col quale io mi trovava andò a Sciala e arrivò a rubare la moglie del derubatore, e la diede al fratello perchè la tenesse invece della propria moglie, come quello di Sciala teneva per propria moglie la rubata ad Apripa. Io dissi loro che erano in peccato e quell’unione si dovea sciogliere; ma per essi è cosa impossibile e hanno mille ragioni che si riducono a questa: Sc(i)ala ha rubato la donna nostra, noi abbiamo rubato la loro; restituisca Sc(i)ala la nostra donna e noi restituiremo la loro. Finché Sc(i)ala non restituisce la donna rubata a noi, noi lecitissimamente possiamo tenere la