— 285 — Giunta l’ora della cena, si dà l’acqua per lavarsi le mani lì stesso dove uno si trova. Primo a lavarsi dev’essere il padrone di casa, se nò gli morrebbe la moglie o toccherebbe altro sinistro incontro. Poi, senza che il missionario si muti di posto, gli avvicinano una tavola rotonda (sofra, e, altrove, truesa). La donna o l’uomo che l’avvicina, vi fa sopra un segno di croce; intorno si dispongono i commensali e si comincia a far passare l’acquavite coi complimenti d’uso. In Quaresima la cena si ridurrà a un po’ di pane di kallamòq e a dei fagioli cotti nell’acqua con un pizzico di sale, o ci sarà invece un po’ di miele e di frutta secca. Poi, finita la cena e lavate le mani, si continua la conversazione che non finirebbe mai se il missionario non la troncasse per coricarsi. Non c’è bisogno di girare per trovare il letto. Esso è lì pronto, vicino al fuoco, sulle felci dove uno si sedeva. Per ripararsi dal freddo si guardi bene l’ospite dall’accet-tare le piccole coperte che servono per mantello e ombrello e ogni cosa ai montagnoli: si riempirebbe d’insetti. Ma a questi bisogna che uno s’awezzi, perchè sono inevitabili: pidocchi a ogni stagione, e cimici con pulci, per soprappiù, d’estate e a buonissimo mercato! Per cuscino il meglio che si possa avere è una korita capovolta, sorta di conca dove tengono il latte. Le confessioni, il giorno dopo, in mancanza di chiesa e di confessionali, bisognerà sentirle all’aperto, in un campo qualunque, se il tempo lo permette, o altrimenti in qualche chiuso in compagnia di pecore e capre. I montagnoli credono quasi di non confessarsi bene se non gridano (così osserva sempre il P. Pasi), e però il missionario deve badare a salvare il segreto confessionale. Avvengono ogni tanto degli episodi originali. « In un konàk — così il nostro missionario — mi misero a confessare dentro uno steccato, ove teneano della foglia secca pel bestiame : era l’unico luogo che poteano assegnarmi in un giorno di pioggia. Avea per compagni una capra e due agnelli : dapprima mi disturbavano gli agnelli collo strepito che facevano mangiando e movendosi tra quelle foglie secche; più tardi la capra cominciò ad agitarsi ed a belare disperatamente. L’avevano assalita improvvisi dolori di parto, e se non mi affrettava a farla condurre altrove, dopo qualche istante sarei stato disturbato pure dai novelli capretti ».