— 22 — dal P. Provinciale che allora era il P. Gioacchino Vioni, a Ge-nivolta nel Soresinese, dove passavano l’estate i convittori del Collegio Vida nel palazzo vescovile. Fu allora che il P. Provinciale gli comunicò la notizia che era destinato all’Albania. Ciò gli riuscì di gioia indescrivibile, come mi riferì il P. Luigi Cattaneo che pure si trovava a Genivolta in qualità di Prefetto dei convittori. Dobbiamo ora ritornare sui nostri passi ed esaminare le Testimonianze che si riferiscono a questo periodo di formazione. Di lui come novizio non ci resta che una memoria dovuta al P. Giovanni Frosio Roncalli. « Conobbi — scrive il detto padre — il P. Pasi allora portinaio (bidello) dei novizi il giorno 19 dicembre 1867, quando entrai fra i novizi, e notai in lui un grande amore alla vocazione e un serio impegno di istruirmi, essendo mio Angelo Custode ». Noto subito che fra i PP. Gesuiti si chiama con termine domestico Angelo Custode, quel novizio, già veterano, che è incaricato dal P. Maestro di aver cura e istruire il candidato alla Compagnia che prima di vestire la divisa dell’Ordine e passare nella comunità dei novizi, rimane per una o due settimane segregato dagli altri, per subire le prove ed esami preliminari e ricevere una sommaria istruzione sui doveri fondamentali del nuovo stato di vita. Era dunque, secondo che ci racconta il P. Frosio, vivo impegno di Domenico di istruirlo « di tutto quello che conveniva sapessi per essere buon novizio; e qualche volta misi a prova la sua pazienza, mostrando di saper certe pratiche quanto lui: ma non si inquietava per questo, nè lasciava di fare il suo dovere. Poco tempo dopo entrato anch’io fra i Novizi ebbi ad accusarlo presso il P. Maestro, perchè nel suo posto dove prendeva la disciplina notato aveva non poche macchie di sangue; non credo che si emendasse, ma solo che usasse maggior riguardo, poiché cominciò fin da quel tempo quello spirito di penitenza che continuò tutta la sua vita. Sempre pronto a sacrificarsi per gli altri, non lasciava passare occasione di vincere sè stesso e prendersi ciò che fosse di maggior ripugnanza, o mortificazione; non si curava di cacciare gli insetti molesti, ed una volta che se-