— 151 — barcavamo sulla Boiana, scendendo giù a seconda verso il paese di Hoboti (Oboti). Lasciavamo indietro il vasto lago di Scutari, dal quale il fiume che solcavamo, esce con tranquillo e maestoso corso, finché indi a poco, appiè del monte su cui torreggia la celebre fortezza, viene a essere intorbidato dalle onde irrequiete del Drino. La barchetta su cui eravamo, piccola e stretta, era per soprappiù tutta carica di ossami, che di qui si esportano per la fabbrica dello zucchero, e a mala pena restava per noi un cantuccio ove stare a disagio. I rematori erano turchi, e oltre ad essi non avevamo altra compagnia che d’un soldato pure turco. Spirava un vento acuto e freddo, ed il cielo era assai torbido; pure ci era di alcuno svago il mirare le vaghe rive che ci sfuggivan dai lati, le quali ancorché non fossero ancora avvivate dal sorriso della primavera, non mancavano però di attirare lo sguardo per la loro beltà. Giunti ad « Hoboti » sull’annottare, ci ricoverammo presso quel Rev. Parroco, che ci accolse con gran piacere; e la mattina seguente al primo romper dell’alba tornammo di nuovo alla barchetta per avviarci verso la chiesa parrocchiale di S. Niccolò, che era il primo luogo dove arrestarci a dar principio alle nostre fatiche. Un zingaretto corse a portare alla barca i nostri piccoli bagagli, e mostrando gran piacere di servirci volle baciarci la mano. Ci adagiammo ivi alla meglio, e in un attimo fummo pronti a partire. Il vento freddo che il giorno innanzi ci avea molestati, lungi dal rimettere punto, ci tormentava assai più, e si aggiunse ad esso un nevischio che finì con l’assiderarci del lutto. Il mio compagno essendo pratico del navigare, per ¡scaldarsi un poco diede di piglio ad un remo e per lungo tratto vogò di buona lena; io che non sarei stato capace di quella manovra cercava di stringermi i panni addosso e batteva i denti: finché giunti ad un certo paesello detto « Croci » (Krroqi), non potendone più, ci accostammo alla riva e raccolto un po’ di sterpi e di frasche, accendemmo lì sulla barca un piccolo fuoco, e così via facendo procuravamo di scaldarci. Verso mezzogiorno arrivammo al luogo destinato e scendemmo a terra con le nostre casse, ed i barcaioli proseguirono oltre lasciandoci lì soli su quel lido deserto ». S’ingegnarono come poterono finché riuscirono a recarsi alla « cella » del parroco, per dar principio alla missione quel giorno stesso che era il mercoledì delle ceneri. Ecco l’ordine degli esercizi e pratiche religiose che furon la regola di quelle prime missioni.