— 376 — ste notizie fuono sparse probabilmente dai Turchi, che vedono-assai di ma] occhio quanto noi facciamo in bene del cristianesimo...; ovvero furono sparse dai « giunatar », che trovandosi da noi ridotti a condizioni sempre peggiori ed anche sempre in minor numero, si danno a credere, che cessando noi di andar tra loro, potranno godere della libertà che prima avevano. Chiunque sia stato il primo inventore di quelle fiabe, il fatto-sta che si sparsero dappertutto e tutti le credettero, e molti dissero il Rosario ed altre orazioni per l’anima mia... Tali dicerie, che si facevano sul conto mio, io le seppi prima del S. Natale a Budisalza, villaggio nella parrocchia di Ipek, da un cristiano-di Merturi che da alquanti anni si era trasferito a Lugli Drinit, e per S. Nicolò si era recato nelle montagne a visitare i parenti. Ritornato costui ad Ipek, ci raccontava un giorno, ciò che con grande sua meraviglia aveva veduto a Merturi ; cioè come nella festa di S. Nicolò tutta la popolazione si raccolse nella chiesetta del villaggio, ed i ragazzi cominciarono a recitare e cantare orazioni, ed il popolo insieme con essi, ma così bene che cavavano le lagrime a chi li udiva. E mi hanno detto, soggiungeva egli, che ogni festa si fa lo stesso; si radunano nella Chiesa i ragazzi col popolo, e si recitano le orazioni, essendoché per mancanza di Sacerdote non possono ascoltare la Messa. E chi ha insegnato quelle orazioni, lo richiesi io, se colà non vi è sacerdote? — Sono stati, rispose, due Preti venuti da Scutari e che hanno girato tutte le montagne, istruendo i ragazzi, poi dai ragazzi hanno imparato anche i grandi. — E come si chiamavano quei Preti? — Uno lo chiamavano P. Deda, e l'altro-P. Jaku. — Ed ora dove stanno quei Padri? — Il P. Deda è-morto, l’altro non si sa dove sia. — Ah! è morto il P. Deda? — Sì, è morto; anzi molto è dispiaciuto ai montanari, e special-mente ai ragazzi. — Ma quando è morto? — Fu ucciso di qua dal Drino, non lungi da Giakova. In questo modo io seppi che-si era sparsa e si teneva per vera la notizia della mia morte. Due settimane dopo, tornando io a Giakova, seppi ancora che i montanari d’Ibalia erano andati appositamente dai sacerdoti di Giakova a domandare mie notizie, ai quali fu risposto che io non era già morto, ma che anzi stava ad Ipek predicando al popolo. Questa risposta non li persuase del tutto; ma se ne resero poi certi, quando nel mio viaggio da Giakova a Scutari io m’incontrai con parecchi di loro, i quali al vedermi smentirono-la falsa notizia. Ma coloro i quali desideravano, che io me ne andassi all’altro mondo, lasciata passare qualche settimana, di nuovo inventarono, che io era stato ucciso per via nel recarmi alle loro montagne: e se non tutti, però alcuni credettero anche questa ».