— 85 — tisse di proseguire, il P. Bollaventura partì con un solo padre suo compagno. Furono accolti con gran festa dal vescovo di Sap-pa a Nenshati, ma dopo alcuni giorni sia il vescovo come i Padri stimaron meglio ritirarsi sul monte vicino dove sorgeva una certa abitazione attigua alla chiesa di S. Michele, cattedrale, sopra un non vasto spianato « ubi antiquitus iacebat Suppa (sic, per Sap-pa) civitas a Scodra 32, et a Lisso sive Alexio 9 lapide ». Ivi pas-saron le veglie dell’apostolato nella penitenza e nella povertà, tanta povertà che dovettero discendere poi a Troshani dov’ebbero ottima accoglienza e ospitalità presso un buon sacerdote, Don Primo. Vi fondarono poi in altra località offerta loro dalla nobile famiglia Todari, Toderi (Todri), il primo ospizio. Nel 1636 il I-*. Bonaventura ottenne da Roma altri missionari, e con essi partì il P. Cherubino da Vallebuona verso la Mirdizia. I Mirditesi fatto, secondo l’uso tradizionale, consiglio, decisero di accoglierli, temendo altrimenti le maledizioni e il flagello di Dio. Si recarono quindi ai villaggi più importanti. Vi trovarono un vecchio sacerdote che era in grande venerazione, ma così poco istruito ut i>ix legere sciret, che sapeva appena leggere. A lui si rivolsero, come a capo, i principali, ed egli consentì sebbene pensasse solo ai vantaggi temporali. Così edificarono un altro ospizio più angusto del primo, e lo dedicarono al Redentore. Non appare che abbiano trovato altro sacerdote, almeno non vi si accenna, e da ciò si possono comprendere i bisogni di quelle popolazioni. F per quanto la vita dei nuovi missionari fosse edificante, quel popolo rimase per allora refrattario. È' incredibile, racconta l'Orbis Seraphicus, quanto dovettero patire in Mirdizia a combattere gli enormi abusi che vi trovarono e a istruire il popolo. Non ostante le promesse, la gente non veniva alla chiesa. Allora i Missionari cominciarono da veri apostoli, ad andare di casa in casa, eppure « non cessarono (sebbene i capi principali del popolo l’avessero promesso con giuramento) dagli omicidi, dalle rapine, dal ratto dei ragazzi e delle ragazze, o dal vendere i loro tìgli ai turchi ». Considerando il P. Prefetto delle Missioni, F. Bonaventura, il loro pessimo indurimento e l’ostinazione a resistere alla legge di Dio e come fosse difficile e pericoloso mantenervi i missionari, poiché non ci avevan di che vivere, e i tra-