— 364 I due individui avevano appena passato il Drino che si trovarono con due persone di Beriscia, che si recavano in Krasnice per cercare un sangue e vendicarsi per certa donna rapita loro. Quando i tre di Beriscia videro a poca distanza gli altri due, chiesero loro chi fossero, ma non ne ebbero risposta. Di nuovo li pregarono a dire chi fossero affinchè non si uccidessero senza ragione. Ma i due credendo forse d’aver a fare coi propri nemici si misero in riparo dietro certi alberi in atteggiamento di far fuoco sopra i tre sconosciuti. Se non che questi furono più pronti, e uccisero uno dei due, l’altro fuggì. Il giorno dopo alcuni del paese furono imputati dell’uccisione, e si volevano mettere al giuramento; ma l’uccisore, rassegnandosi alla disgrazia incorsagli, mandò dire alla famiglia dell’ucciso che non sospettasse di nessuno; perchè egli stesso senza colpa aveva commesso quell’uccisione ; da lui e non da altri cercassero il sangue. L’ucciso morì sul colpo, ed essendosi fatto reo di omicidi ed altre scelleratezze fu privato della sepoltura ecclesiastica. A Fira passai il Drino per salutare il M. R. P. Camillo Parroco di Raia o Merturi. Era il giorno di S. Ignazio, e la buona accoglienza che mi fece quel buon Padre, mitigò di molto il dispiacere di non aver potuto passare quel giorno in compagnia dei nostri fratelli di Scutari. Arrvato ad Apripa-(g)hurit visitai il M. R. P. Evangelista Parroco di Nikai, che tante volte m’avea invitato a fargli quella visita. Mi è impossibile esprimere l’affetto e la cordialità con cui ci accolse quell’ottimo e zelante Missionario. Ci trattenne due mesi (sic! ma dev’essere due « giorni ») e ci ricolmò di gentilezze. Abbiamo parlato a lungo dei mali e dei bisogni di queste montagne, ed egli stesso è del parere che le missioni volanti sieno il mezzo proprio per diffondere l’istruzione, togliere gli abusi e giovare a questi popoli. Finito il giro dei villaggi tornai ad Ibalia; dove concepii fiducia di confessare un celebre peccatore caduto ammalato, e che sempre aveva resistito alla grazia rendendo inutili le cure e gli sforzi dei Missionari. Ma l’ora non era ancora suonata, o piuttosto N. S. voleva mostrarci ancora una volta che non dobbiamo ascrivere ai nostri sforzi il bene che si fa nelle anime, ma bensì all’azione della sua grazia. La consolazione che non ebbi ad Iba-lia, la provai alcuni giorni dopo, quando mi fu recata la notizia che due giorni dopo la mia partenza da Ibalia l’ammalato fece il suo dovere col chiamare il M. R. D. Giacomo Busciati, parroco di Cielza, e al suo arrivo si confessò con tutta la sua famiglia. Ne sia ringraziato il Signore ».