— 265 — gieno fuor di casa, prende la campanella, se la mette in tasca, va alla casa dell’altro, si ferma qualche tempo a parlar colle donne, e preso un momento che non era osservato, mette la campanella sul finestrino o prezore e se ne va. Arriva il padrone, vede la campanella, domanda chi l’abbia portata, e sentendo che era venuto l’Hogia e che egli dovea averla lasciata lì, la prende, la dà alla donna e le ordina di portarla subito all’Hogia, chè-cgli non voleva riaccettarla in modo alcuno. L’Hogia uscito da quella casa, avea fatto un giro tra i vicini, e quindi la donna lo trovò che stava andando verso casa. Lo chiama per farlo fermare e dargli la campanella; ma egli sospettando di quel che era, si mise ad affrettare il passo; senonchè la donna lo raggiunse, gli buttò dinanzi la campanella e diè volta. L’Hogia colto così alla sprovvista non ebbe tempo di riflettere, prese la campanella e sì mise a correre dietro la donna per far quello che essa avea fatto' con lui. Vedutolo in quell’atto il marito della medesima dalla sua casa, e giudicando che quella fosse somma ingiuria per la sua donna e per sè, prese lo schioppo e tirò sull’Hogia, ma gli fallì il colpo. L’Hogia, che, come dissi, va sempre armato, rispose subito tirando sulla casa del suo nemico, entrò nella « ku-la » o casa di pietra e cominciò coll’armi una vera battaglia contro la famiglia del padrone della campanella. Dopo qualche tempo si misero di mezzo gli amici e fecero cessare il fuoco. Però questo fatto della campanella fu l’origine di una forte rottura del padrone colla greggia, e il principio di molti dispiaceri ai quali andò incontro il povero Hogia e che finirono col fargli perdere il salario e il posto ». Tale era l’Hogià di Ibalja a quel tempo, ma non sembra punto che abbia dipinto a foschi colori i nuovi missionari, almeno da principio, poiché parecchi ragazzetti turchi ebbero modo di imparare dai cristiani il Pater, VAve, il Credo ed altre orazioni. « Quanto ai cristiani, in generale sono fermi nella loro religione e si vantano d’essersi battuti le tante volte coi turchi solo perchè questi insultarono in loro presenza la religione cristiana, e d’aver perseverato in essa non ostante l’essere stati per tanti anni senza sacerdote, senza istruzione e senza aiuti religiosi, e di più tentati in mille modi affinchè passassero alla setta di Maometto, ora con esempi di prossimi parenti, ora con lusinghe, ora con minacce. E in questo certo sono degni di lode e di ammirazione, ed io più volte mi sono meravigliato come dopo le prove che in quelle montagne dovette subire la religione nostra, ab-