XXXVITI VITA DI tri Jl trovava il magnìfico Giuliano de’ Medici, fratello poi di Papa Leone, allhor fuor ufciti di Firenze, & il Signor Ottaviano Fregofo, & Monfignor /Arcivefcovo di Salernofuo fratello, et altri Signori et gentìUkuomini di valore , coi quali m. Pietro fece fretta amicitia ; perche oltra le belle lettere , c havea, era ancho gratiofo, et avertente . FLebbe in quella dimora et care%%e, et commodità di feguir li ftudj , de* quali ancho Je ne vedono di belli frutti et nelle rime fue , et nel- l opre latine ; ne mancò la Signora Ducheffa in Corte di Traina et col Papa , et con li nipoti fargli ogni favore, perche fuffe , come meritava, riconofciuto , et e(fo più d una volta fu chiamato a'Roma ove finalmente nell itltimo anno di Julio fi riduffe in compagnia dell Arcivefcovo di Salerno y cfj a lui, et a m. Jacomo Sadoleto , et a m. Camillo Paleotto, et ad altri letterati da bene faceva grandiffime carezze . Et Pap a Julio, al quale di Dacia era flato mandato un libro fcritto a note , cti alcuno interpretare faputo non havea , lo fece dare al Bembo della virtute del quale non poca ftima faceva , in fegno di che lo provide della commenda di Bologna . M. Pietro quel libro efpofe, et trovò la vìa d intendere le note, che da gli antichi, et da Cicerone medefimo fi dice che furono ritrovate per fcrivere con poche righe affai. Et dopo queflo in brieve tempo morì Vapa Julio , et fu creato Leone y il quale per lo buon juditio , che delle lettere havea , per hono-rare il fuo pontificato, volfe tra T altre belle provifioni bavere dui fegretarij delli più famo fi d Italia . onde prima che di conclave ufciffe , eleffe a quell’ uffitio m. Pietro Bembo , et m. Jacomo Sadoleto , che tuttadue erano , corri è detto , in cafa Monfignor di Salerno , et per la loro virtù ben conofciu-ti j nel qual uffitio fi por t orono di maniera , che dettero fingo-gol are effempio alla Corte di Roma , qual foffe la vera et vir-tuofa amicitia, et fen%a emulatione in due cofi eccellenti colleghi , attendendo non meno a fervire honoratamente il fuo Signore , cF a far cortefia a chi della loro opra bifogno aveffe : et illuftrorono quell' uffitio in guifa , che più non fi potrà dire, chele bifogne delli Pontefici Romani Romanamente non fipof-fano fcrivere . Era m. Pietro d anni XXXXUL quando a quell uffitio